In epoca altomedievale nella città si registra una contrazione del tessuto urbano dovuta alla creazione, nella zona centrale della città, di un complesso sacro che comprendeva la cattedrale e la sede vescovile. La cattedrale è menzionata da Gregorio Magno in documenti del 601 d.C. La fase archeologicamente più antica, databile al IX secolo d.C., in gran parte obliterata dai lavori di ingrandimento e rifacimento della chiesa, è soprattutto documentata nel riutilizzo delle preesistenti strutture romane (domus di Largo Torre Bruciata) e nelle fasi più antiche della necropoli cristiana che interessava tutta l’area circostante.
La cattedrale, rimessa in luce durante i lavori dal 1980 al 1993, è quella in uso sino al 1157, quando la struttura fu distrutta completamente nell’incendio che seguì alla devastazione dell’intera città per opera delle truppe del conte di Loretello. Il complesso, a pianta rettangolare con abside centrale, affiancato da due ambienti laterali, ha tre navate divise da colonnati realizzati con materiale di spoglio e differenti pavimentazioni (cocciopesto per le navate laterali, lastre in pietra per la centrale). Per la decorazione architettonica furono impiegati sia elementi in pietra (plutei, finestre traforate), che a mattoni (le pareti e la stessa abside). Tutto l’edificio, di cui rimane attualmente visibile la chiesetta c.d. di S. Anna de’ Pompetti e il sito di Sancta Maria Aprutiensis, unici elementi architettonici superstiti dell’incendio del 1157, poggia su strutture romane ampiamente visibili in ogni loro parte (domus di Largo Torre Bruciata).
Il saccheggio, cui fu sottoposta la chiesa prima dell’incendio, l’ha impoverita totalmente di tutti gli arredi, così come il successivo recupero di materiali, per la costruzione della nuova cattedrale, ha disperso molti elementi architettonici in pietra. Sono stati rinvenuti solo quattro plutei, pertinenti alla recinzione presbiteriale e databili tra la seconda metà dell’VIII secolo e gli inizi del IX secolo d.C., insieme ad altri frammenti, nei livelli più bassi, ancora frammisti alle ceneri dell’incendio (tutti esposti nel Museo Civico Archeologico “F. Savini”).
Affiancava la Cattedrale l’Episcopio, rimesso in luce nell’area dell’attuale chiesa di Santa Caterina, parte integrante dell’antico edificio il cui unico toponimo, trasformato popolarmente in “Casa di San Berardo” (il più noto Vescovo aprutino), persisteva ancora nel 1800.
A difesa dell’intera area sacra era stata realizzata, con materiali di spoglio, una torre la cui struttura, in opus quadratum, ha più volte indotto in errori di datazione. La torre ha conservato numerose tracce dell’incendio, soprattutto nel lato della Cattedrale, tanto da essere tuttora chiamata Torre Bruciata.
Nell’area tra la Cattedrale e l’Episcopio, una volta asportata la necropoli cristiana, sono stati evidenziati alcuni ambienti pertinenti ad una domus (c.d. domus in Largo di Torre Bruciata) di epoca romana, datata al I secolo d.C., ma probabilmente rimasti inutilizzati a lungo e poi abbandonati poco prima della trasformazione dell’intera zona in area cultuale. Tale ipotesi sembrerebbe confermata dalla spoliazione degli ambienti, avvenuta nella tarda antichità, e dai serramenti rinvenuti in situ.
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