Vescovado

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Tipologia Struttura: Storico
Periodo Storico: Medioevo
Struttura: Palazzo
Località: Teramo
Indirizzo: Piazza Martiri della Libertà - 64100 Teramo (TE)

Una prima menzione della sede vescovile appare in un editto del vescovo Pietro IV del 15 aprile del 1229, un’altra citazione del Palazzo si ha in un atto del 15 gennaio 1287, un’altra menzione del palazzo, relativa alla fabbrica trecentesca, potrebbe trovarsi nell’epigrafe conservata nel cortile dell’episcopio che fornisce la data del 1307 quale erezione dell’edificio trecentesco ad opera del vescovo Rainaldo Acquaviva (1300-1317). Tuttavia, nonostante questi e altri documenti, è difficile stabilire se il palazzo menzionato in questi atti storici sia effettivamente quello fatto edificare dal vescovo Guido II in occasione della costruzione della nuova cattedrale, la cui realizzazione venne decisa subito dopo la distruzione di Teramo del 1155-1156.

Nel 1465 il vescovo Campano descriveva il palazzo come una rocca fortificata, ossia come un castello merlato (a simboleggiare la supremazia del vescovo sulla città) e turrito (le torri erano dislocate ai quattro angoli, attualmente sono inglobate nel palazzo), a due piani, con loggiato a piano terra e loggette aperte all’interno e all’esterno poste al piano superiore. Così il palazzo è raffigurato nella pianta di Teramo del polittico di Jacobello del Fiore (conservato nella cappella laterale del Duomo di Teramo).

L’edificio odierno, isolato sui quattro lati, a pianta rettangolare con cortile centrale, è frutto della ristrutturazione valuta nella seconda metà del Cinquecento dal vescovo Giacomo Silverio Piccolomini che lo amplia «dal pian terreno al tetto»verso Piazza Martiri della Libertà.

L’Episcopio e il Duomo erano fabbricati separati, divisi da una via che il vescovo e il clero erano costretti a percorrere per entrare e uscire dalla Cattedrale; per tale motivo, già nel Seicento, vari vescovi avevano caldeggiato al Comune la proposta di concedere la costruzione di un arco che collegasse i due edifici. Bisognerà aspettare il 1738, quando Monsignor Alessio Tommaso De’ Rossi ottenne dal Comune il permesso desiderato. Com’è noto, l’arco fu abbattuto nel 1969, nel quadro della ristrutturazione del centro storico e delle iniziative d’isolamento della Cattedrale.

L’ultimo restauro radicale dell’episcopio è stato fatto per volere di Mons. Antonio Nuzzi (1989-2002) al fine di trasformare il palazzo, da semplice abitazione del vescovo, in centro delle principali attività pastorali della Diocesi.

PORTICATO E LOGGIATO: Il porticato dell’Episcopio, prospettante su Piazza Orsini (l’antica piazza del mercato), conserva traccia dell’impianto medioevale con archi ad ogiva in pietra ornati da doppia cornice e sostenuti da pilastri anch’essi in pietra (rialzati su plinti in mattoni dopo il 1860 a causa dell’abbassamento del piano di calpestio dovuto al riassetto edilizio della zona). Non sappiamo se porticato e loggiato originariamente erano presenti anche sul lato orientale e quello d’ingresso.

VIA DEL VESCOVADO: un porticato sostenuto da colonne ottagone in laterizio doveva esistere sicuramente in Via del Vescovado, infatti all’interno degli attuali negozi se ne ravvisano le tracce. Tale porticato, insieme al superiore loggiato con colonnine tortili sorrette da leoni stilofori (rimesso in luce ad opera di Francesco Savini nel 1913), è stato obliterato in seguito alle modifiche cinquecentesche ed è anche nascosto dall’avancorpo con la nuova scala d’accesso al piano superiore, creato nel 1813 dal vescovo Nanni.

CORTILE INTERNO: nel cortile interno sono conservate quattro colonne ottagonali forse appartenute a un primitivo portico.

ARREDI: all’interno del Palazzo Vescovile si conservano alcuni arredi in gran parte provenienti dalla stessa Cattedrale, fra i quali la cosiddetta “Tomba dei canonici” edicola con quattro colonnine tortili sostenute da leoni stilofori e coronate da capitelli fogliati, nonché una base di cero pasquale di primo XV secolo. Al XV secolo va assegnata anche una Madonna con Bambino in pietra (alt. cm 100, largh. cm 45, prof. cm 28/29), cava posteriormente, pesantemente ridipinta, di rozza fattura locale: la Madonna è seduta su uno sgabello appena accennato e porge un pomo rosso a Gesù infante, vestito di una camiciola, che siede con innaturale posizione delle gambe sulle ginocchia della madre. Al primo Seicento e alla mano di un artista fiammingo va riferito il dipinto di S. Berardo (alt. cm 154, largh. cm 48,5), parte di un perduto polittico, e allo stesso periodo va ascritto anche il quadro con S. Attone con sullo sfondo la badia e la processione dei canonici del Capitolo Aprutino (cui il cenobio era stato aggregato nel 1477). Alla prima metà del XVII secolo si riferisce anche la grande tela con la Presentazione del Bambin Gesù a S. Francesco, vicina ai modi del pittore marchigiano Andrea Lilli.

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