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Anfiteatro romano

Via V. Irelli - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-240546; 0861-247772
Descrizione:

Edificato agli inizi del II secolo d.C. e, in base alla tecnica costruttiva, può essere collocato fra l’età traianea e quella adrianea Fino al 1926 l’anfiteatro di Interamnia, ricordato dagli studiosi locali a partire dal Rinascimento, veniva tradizionalmente identificato con i resti del vicino teatro. Le poche strutture superstiti dell’anfiteatro furono riconosciute ed esplorate parzialmente soltanto nel 1937; dopo drastici interventi di demolizione delle strutture addossate all’esterno del monumento, che è stato in parte distrutto dalla costruzione del Duomo e del Seminario. L’impianto dell’anfiteatro aveva un orientamento nord-sud ed era posizionato in una fascia di terreno forse a ridosso delle mura urbiche, sfruttando in parte un rilievo naturale che aveva già condizionato anche la costruzione del teatro.

Dell’anfiteatro si conserva poco meno della metà dell’ellisse perimetrale e il piano antico dell’arena doveva trovarsi a circa m -6 dall’odierno piano di calpestio. Il monumento, ampio m 73,93x56,16, non era dei più grandi del suo genere. Il suo aspetto esterno non doveva essere molto lontano da come lo si può ancor oggi percepire relativamente alla parti superstiti: i paramenti, esterno e interno, sono in opera laterizia con blocchi lapidei in corrispondenza delle aperture. Il paramento esterno, conservato fino a m 12 di altezza, è realizzato ad anelli gradualmente digradanti verso l’alto. Il settore superiore reca una decorazione a lesene, sempre in laterizio. Nel perimetro murario si aprono numerosi accessi, di cui è chiaramente riconoscibile quello orientale, ad arco sull’asse minore, mentre quello meridionale, sull’asse maggiore, ha un’apertura a tre archi affiancati. Passaggi secondari portavano direttamente alle gradinate, di cui mancano tracce, ma che dovevano essere rette da muri radiali posti a distanza di m 2 e forse collegati da volte. È da escludere l’esistenza di un prospetto esterno ad arcate, poiché sarebbe venuto ad accostarsi eccessivamente al teatro.

Per lungo tempo sono stati erroneamente riferiti all’anfiteatro i rilievi in calcare con armi inseriti nelle murature della Cattedrale, ma tale attribuzione è illegittima poiché, più probabilmente, essi sono pertinenti a un monumento funerario. Invece è documentata, seppur in forma molto frammentaria (soltanto una mano femminile destra, oggi non più reperibile, di dimensioni leggermente inferiori del vero), l’esistenza di un possibile apparato decorativo statuario.

Non è dato sapere come e da chi la costruzione del monumento fu finanziata.

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Domus di Largo Torre Bruciata

Via Antica Cattedrale - 64100 teramo (TE)
Contatti:
0861-240546; 0861-247772
Descrizione:

A seguito di lavori condotti negli ultimi decenni, che hanno permesso di recuperare l’antica Cattedrale di Santa Maria Aprutiensis, è stata individuata una domus romana, databile al I secolo a.C. Le strutture, che si trovano ad una profondità di circa cm 90 rispetto al piano di calpestio della Cattedrale, furono usate sin dalla fondazione di questa (VII sec. d.C.) quale area cimiteriale.

La domus presenta un ampio peristilio di forma rettangolare con murature in opera incerta e colonne in mattoni, rivestite di stucco colorato di rosso nel fusto e di bianco nelle basi. La vasca (impluvium) per la raccolta delle acque piovane, pavimentata in opus spicatum, è decentrata rispetto al peristilio su cui si affacciano tre ambienti affiancati, di cui quello centrale di dimensioni maggiori. Una soglia in pietra divide l’ambiente centrale dal peristilio; presso la soglia sono stati rinvenuti sia gli incassi dei cardini, sia i serramenti metallici della porta (conservati al Museo Civico Archeologico “F. Savini). Il pavimento di tale ambiente è in mosaico bianco con fascia perimetrale nera; i muri, in opera incerta, conservano gli intonaci decorati con leggere campiture geometriche su fondo bianco, al cui centro sono motivi vegetali stilizzati.

L’ambiente meridionale, il cui muro esterno è stato successivamente riutilizzato come fondazione della Cattedrale, reca anch’esso una soglia in pietra che immette nel peristilio; la pavimentazione è in cocciopesto con l’inserimento casuale di tessere bianche. Gli intonaci conservano il fondo bianco con leggere campiture geometriche in giallo ed ocra.

L’ultimo ambiente, sul lato settentrionale, ha invece l’ingresso verso l’esterno e il pavimento è in cocciopesto con tessere bianche a forma di rombi tangenti agli apici. Gli intonaci sono dipinti a fondo rosso, con campiture geometriche e decorazioni vegetali.

La domus ha restituito materiali che permettono di stabilire il suo utilizzo tra il I secolo a.C. e la fine del II secolo d.C. quando fu chiusa e abbandonata, come testimoniano i serramenti rinvenuti presso la soglia dell’ambiente centrale.

La Torre Bruciata (di epoca mediovale), che dà nome al sito, è oggi sede di una sala espositiva che ospita importanti eventi di arte contemporanea, eccellente esempio di riutilizzo di spazi archeologici per fini culturali.

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Domus di Madonna delle Grazie

Largo Madonna delle Grazie - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-240546; 0861-247772
Descrizione:

Uno scavo estensivo, condotto alla fine del 1980 dalla Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo nell’area di Largo Madonna delle Grazie, ha permesso di isolare numerosi ambienti pertinenti, almeno nelle prime fasi (repubblicana e augustea), ad edifici di carattere abitativo. Gli ambienti con murature in opera incerta di ciottoli di fiume tagliati o, nella fase più antica, interi, conservano delle pavimentazioni in cocciopesto con decorazioni geometriche di tessere lapidee bianche che formano motivi di reticolato o a doppio meandro. All’estremità orientale due ambienti presentano una decorazione più complessa, con fascia perimetrale a meandro racchiudente un clipeo suddiviso in rombi e agli angoli, rispettivamente, quattro delfini e quattro bastoni alati con due serpenti attorcigliati (caducei). In epoca augustea le costruzioni repubblicane sono state ricomprese in una grande domus con peristilio centrale mentre, a partire dal III secolo d.C., si installa un impianto di tipo industriale, probabilmente una lavanderia (fullonica) per la tintura dei panni, utilizzata sino a tutto il V secolo d.C.

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Domus di Porta Carrese

Via di Porta Carrese - 64100 Teramo (TE)
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propr. privata
Descrizione:

I rinvenimenti di materiali nell’area compresa tra le vie dell’Ariete, dei Tribunali, di Porta Carrese e Vico Corto, nonché la varietà di essi (conservati nel Museo Civico Archeologico "F. Savini"), permette di ipotizzare due unità abitative, di cui una ampiamente investigata, alla quale appartengono cinque ambienti con una ricca decorazione pavimentale. L’ambiente orientale conserva il pavimento in mosaico bianco con fascia perimetrale nera e, al centro, un quadretto a mosaico policromo (emblema) ormai perduto. Contiguo a questo ambiente ve ne è un secondo di vaste dimensioni di cui si conserva solo parte del pavimento in mattoncini disposti a spina di pesce (opus spicatum).

L’ambiente principale della residenza ha murature in opera incerta di ciottoli di fiume tagliati e pavimento musivo in tessellato bianco con balza nera che incornicia un ampio tappeto con intarsio di marmi policromi (opus sectile) formanti, alternativamente, rose dei venti e poligoni. L’ambiente del lato occidentale, pavimentato in opus spicatum, comunica attraverso una soglia a girali vegetali, direttamente con un ambiente dalla muratura in opera incerta e pavimento in mosaico bianco e nero, a motivi geometrici alternati a decorazioni vegetali stilizzate.

Nello strato immediatamente inferiore a queste strutture sono stati rinvenuti resti di pavimentazione in cocciopesto con diverso orientamento, pertinenti alla fase repubblicana della città. Nello scavo sono stati inoltre rinvenuti numerosi intonaci dipinti che consentono di ricostruire parzialmente il sistema decorativo parietale consistente in riquadrature geometriche con decorazioni vegetali stilizzate. 

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Domus Savini o "del Leone"

Via Antica Cattedrale - 64100 Teramo (TE)
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Proprietà privata
Descrizione:

Nel giugno 1891 Francesco Savini, scavando le fondazioni del lato occidentale del proprio palazzo, rinvenne i resti di una domus di età tardo repubblicana che si affacciava su una via secondaria, ortogonale all’arteria principale che attraversava il centro cittadino. I resti permettono di leggere chiaramente alcuni ambienti: l’atrio con pavimento in mosaico di piccole tessere bianche su cui sono distribuite scaglie di marmi policromi (opus scutulatum), al centro di questa stanza la vasca per la raccolta dell’acqua piovana (impluvium), con pavimento in mattoncini disposti a spina di pesce (opus spicatum); segue la stanza di rappresentanza (tablinum) fiancheggia da due piccoli corridoi: uno rivestito con tessere in marmo bianco e l’altro con cocciopesto.

Il mosaico pavimentale del tablino costituisce uno dei più significativi esempi di mosaici tardo ellenistici in Italia ed è paradigmatico della cultura ellenistica del proprietario e delle su epretese di auto-rappresentazione. Proprio dall’immagine contenuta nella parte centrale di esso (emblema) la prestigiosa residenza prende il nome di “domus del leone”. L’emblema, montato su una cassetta quadrata di travertino (cm 54,5x54,5) e realizzato con tessere minutissime (opus vermiculatum), rappresenta un leone che azzanna un serpente ed è incorniciato da una doppia treccia a calice e da una ricca ghirlanda di foglie, fiori e frutti, popolata da uccelli e retta agli angoli da quattro maschere teatrali (se ne conservano due). Il pavimento musivo dell’ambiente è costituito da un tappeto con quaranta cassettoni prospettici dai molteplici colori campiti al centro da rosoni, fiori e corone di alloro. Il soggetto dell’ emblema trova confronti stringenti nelle case pompeiane (Casa del Fauno e Casa VIII 2,34), sicché è ragionevole pensare che essi derivino da un originale pittorico comune.

La presenza di un emblema di tale fattura, nonché l’esecuzione raffinata dello stesso pavimento del tablinum, fanno ritenere a buon diritto che il proprietario della domus dovesse appartenere a un livello sociale molto alto e ricoprire una posizione sociale di spicco (si è proposto il nome di tale C. Sornatius C. f(ilius) Vel(ina) Barba, legato di Lucullo in Asia tra il 74 e il 68 a.C., proprietario di fundi nell’agro pretuziano dai quali ricavava proventi con la vendita del vino).

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Mosaico di Bacco

Via dei Mille - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
propr. privata
Descrizione:

Oltre all’emblema del mosaico della domus del Leone, il gusto per gli emblemata da parte della committenza teramana è riscontrabile anche in un ambiente di una domus individuata in Via dei Mille (inquadrabile nel I secolo a.C.), durante i lavori per la costruzione di una palazzina privata. Della domus sono stati individuati alcuni ambienti di cui uno di notevoli dimensioni con pavimento in cocciopesto e inserzione di tessere lapidee, e due di minori dimensioni con pavimento a mosaico, l’uno a motivi geometrici in bianco e nero e l’altro con fascia perimetrale nera ed emblema policromo raffigurante il volto di Bacco coronato di pampini e racchiuso in una doppia cornice con meandro interno. A differenza dell’emblema della domus del leone, il mosaico di Bacco è stato realizzato contestualmente al resto del pavimento musivo.

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Museo Civico Archeologico "Francesco Savini"

Via Delfico, 30 - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-240546; 0861-247772; 0861-324602; Fax 0861-247120
Descrizione:

L’edificio che ospita il Museo Civico Archeologico “F. Savini” è posto in un isolato che testimonia le trasformazioni architettoniche della città a partire dalla fine del Duecento, proseguendo negli inizi del Seicento (chiesa dedicata a San Carlo) e fino alla seconda metà dell’Ottocento (palazzo del tribunale).

Il Museo costituisce il “polo centrale” del sistema museale “Città di Teramo”, centro di lettura del territorio, collegato ai siti archeologici presenti nella città e nel teramano, con un’adeguata rete di rimandi conoscitivi tra i musei del sistema e il territorio di riferimento.

Il Museo, nell’allestimento del piano terra, ripercorre le tappe della storia della città (dal XII sec. a.C. al VII d.C.): l’abitato e le necropoli protostoriche, la città romana (il foro, il teatro, l’anfiteatro, le terme, la necropoli, le domus del Leone, di Porta Carrese, di Largo Torre Bruciata, dell’area di Largo Madonna delle Grazie).

Al primo piano è narrata la storia del territorio tramano, dalla preistoria al processo di romanizzazione e fino al periodo medievale, attraverso dei temi: dalle grotte ai villaggi e alle necropoli protostoriche (tra i siti campionati si citano: Grotta Sant’Angelo, Ripoli, Tortoreto, Campovalano, ecc…), dal commercio all’organizzazione amministrativa, dai santuari alle ville (tra i siti campionati si citano: Basciano, Pagliaroli, Giulianova, Tortoreto, ecc…), dalle presenze barbariche ai commerci e alla produzione ceramica d’epoca medievale, infine un riferimento visivo alle chiese più rappresentative del romanico teramano.

 

Il sistema museale

Il Sistema Museale “Città di Teramo”è costituito dal Museo Archeologico, dalla Pinacoteca Civica e dai siti archeologici (le domus di Madonna delle Grazie e di Torre Bruciata, il teatro, l’anfiteatro, la necropoli di Ponte Messato), preziose testimonianze dell’antica città romana di Interamnia. Cuore del sistema è il Museo Archeologico, dinamico propulsore di cultura che individua sempre nuovi elementi allestitivi di forte matrice didattica. Un progetto museologico dunque che è soprattutto progetto culturale, in grado di superare la frammentazione e l’isolamento istituzionale di una struttura che deve favorire, animare e sostenere una rete di rapporti e relazioni nel territorio, con lo scopo di offrire non solo semplici occasioni di consumo, ma soprattutto di promuovere un consapevole approccio al bene culturale.

 

Il Servizio educativo museale

Il Servizio Educativo museale dei Civici Musei propone percorsi museali e l’ideazione di progetti specifici da inserire nella programmazione scolastica, caratterizzati da un’estrema flessibilità per un facile inserimento delle tematiche nella realtà scolastica. I percorsi museali prevedono un’attività di laboratorio indispensabile per favorire l’acquisizione di un metodo di lettura attento all’aspetto materiale dell’opera d’arte, al fine di “educare con l’arte”. Nel Museo Archeologico il reperto viene proposto come “documento-monumento”, quale segno dell’uomo lasciato nell’ambiente a testimonianza di una cultura passata. Nella Pinacoteca Civica l’incontro con l’opera d’arte diventa un’esperienza cognitiva complessa mediante un approccio didattico che offre condizioni positive di accesso alla fruizione.

Il Servizio Educativo Museale propone nello specifico: visite guidate, visite animate, una giornata al museo, attività di laboratorio, consulenza specialistica per progetti rivolti a portatori di handicap, percorsi per non vedenti e ipovedenti, formazione e corsi di aggiornamento rivolti a docenti delle scuole di ogni ordine e grado, percorsi guidati riservati agli insegnanti.

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Necropoli di Ponte Messato o in località La Cona

Via dei Cavalieri di Vittorio Veneto - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-240546; 0861-324602; 0861-247772
Descrizione:

Come di consueto, in epoca romana, anche a Interamnia le aree sepolcrali si disponevano lungo le vie extra urbane, nel rispetto delle leggi romane delle XII tavole che vietavano di seppellire i morti dentro la città. Infatti le sepolture di Ponte Messato (o Madonna della Cona) fiancheggiavano l’antica via Caecilia, che da Interamnia conduceva ad Amiternum (San Vittorino), nonché, un’altra necropoli doveva ubicarsi lungo la via che da Interamnia si dirigeva a Castum Novum (Giulianova). Da quest’ultima necropoli provengono, infatti, due iscrizioni funerarie con la menzione di un Archipeta Eunuchus e di una Valeria Praetuttiana, nonché un’altra di Quinto Poppeo, patrono del municipio e della colonia (esposta al Museo Archeologico), riadoperata come coperchio di una tomba. I ritrovamenti di monete, oggi perdute, attestano l’uso di questa necropoli fino alla seconda metà del III secolo d.C. Lungo il tracciato della stessa via, presso il Vezzola, due urne in travertino testimoniano la probabile esistenza di una stanza sepolcrale con tombe a fossa (colombario).

Ben conservato e degno di essere visitato è il sito archeologico di Ponte Messato, individuato nel 1961 nei pressi della chiesetta rurale di Santa Maria della Cona e nuovamente scavato, a più riprese, dal marzo del 2000 fino al 2008. Le strutture riemerse appartengono ad una vasta area sepolcrale interessata da deposizioni che coprono un arco cronologico che va dal IX secolo a.C. fino all’età imperiale. La necropoli italica, del IX-VI secolo a.C., è a inumazione mentre quella di epoca romana è a incinerazione fino al II secolo d.C. (precisamente dal II secolo a.C. fino ai primi decenni del II secolo d.C.), quando si riafferma l’inumazione con tombe alla cappuccina.

Della necropoli italica sono stati individuati anche due nuclei di sepolture monumentali distinti per tipologia e localizzazione. Il nucleo originario, localizzato nei pressi del fosso Messato, ha restituito grandi monumenti funerari del tipo a circolo con fossa centrale che hanno restituito ricchi corredi.

L’altro nucleo, localizzato all’estremità meridionale del sito, è costituito da cinque tombe di bambini, di età compresa fra i primi mesi di vita e i 10 anni, di cui i più grandi, tre, seppelliti in monumenti a circolo, e i neonati in fosse terragne.

Della necropoli romana sono state recuperate le strutture di mausolei, allineati lungo il troncone della via Caecilia (una via che staccandosi dalla Salaria raggiungeva la costa adriatica), con basamento quadrangolare, nucleo in cementizio, rivestimento in blocchi di travertino e coronamento piano o a timpano, decorato con cornici. Le aree sepolcrali, all’interno delle quali venivano interrate le olle cinerarie, erano poste dietro al monumento e consistevano in spazi delimitati da un muretto di recinzione, le cui misure erano riportate su dei cippi collocatati sulla fronte del monumento.

Il mausoleo più ricco ed imponente della necropoli raggiungeva i m 3 di altezza ed era allineato sulla strada dove due cippi gemelli indicavano i confini di proprietà dell’area sepolcrale del defunto, Sextus Histimennius. All’interno della sepoltura furono recuperati frammenti a transenna e una statua in marmo bianco (oggi dispersa), datata al I secolo d.C., raffigurante il defunto in veste di togato. In un altro mausoleo sono stati recuperati più di cento frammenti in osso combusti, pertinenti ad un letto funebre con raffigurazioni umane, animali e floreali, sul quale il defunto veniva collocato e successivamente incinerato.

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Sor Paolo

Largo Proconsole, 5/6 - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Statua di togato in travertino (alt. conservata cm 196) di provenienza ignota, murata da tempo immemore nella facciata di un’abitazione privata. L’attuale collocazione è registrata non solo da Palma, ma, probabilmente, anche dall’umanista Campano nel 1465. La statua è acefala e la testa che le è stata sovrapposta non è pertinente, ma probabilmente di età romanica. Grazie all’analisi dell’attacco alla base del collo, è visibile l’incavo circolare per l’alloggiamento della testa. Oltre alla testa mancano alcuni attributi come la capsa (o lo scrinium) laterale e il volumen (rotolo). La statua è stata realizzata in un unico pezzo, ad eccezione del volumen e della testa.

La statua rappresenta un personaggio maschile vestito di tunica e toga, in posa rigidamente frontale, con la gamba destra tesa e la sinistra flessa al ginocchio. Ai piedi, leggermente divaricati, indossa i calzari sui quali le linee incise indicano le strisce di cuoio dell’allaccio. Il braccio destro è aderente al busto, piegato in alto sul petto ad angolo acuto e avvolto nella stoffa all’altezza del polso; il braccio sinistro, invece, accostato al corpo, è portato leggermente in avanti e sul polso si avvolge della stoffa che ricade lateralmente. La mano sinistra impugnava il rotolo (volumen), inserito nell’apposito incasso. Le pieghe della toga sono oblique e piuttosto piatte, la resa del panneggio stringata, dura e lineare. Sebbene non sia possibile un esame della parte posteriore della statua, sembra che la figura sul retro fosse piatta. Alla luce della fruizione frontale della statua, delle caratteristiche formali dozzinali e del materiale impiegato, sembra preferibile ricondurre la statua alla sfera privata, piuttosto che non a quella onoraria e di collocarla cronologicamente nel secondo quarto del I secolo a.C.

La scarsa consistenza plastica e le caratteristiche formali grossolane tradiscono l’estrazione locale dell’artigianato della statua. Il fatto che ci si trovi di fronte a una statua iconica (con trattamento separato della testa), fa pensare alla formazione locale di un mercato specializzato nella produzione seriale di tipi plastici anonimi, come questo appunto (inoltre al Museo Civico Archeologico “F. Savini” si conserva un altro caso di statua iconica femminile di più pregiata fattura), ai quali, probabilmente ad opera delle stesse botteghe, veniva sovrapposto un volto più o meno realistico a soddisfare le esigenze di autorappresentazione della committenza, come del resto si registra ovunque nelle città romane del periodo (I secolo a.C.).

L’antica statua togata per i teramani è comunemente nota come “Sor Paolo” e un tempo aveva il ruolo di oppositore e di castigatore del malcostume dei governanti: infatti nella sua mano sinistra venivano infilate le lamentele, le proteste e le satire contro i signori della città, mentre, in epoche più recenti, poesie d’amore, nonché bandiere del tifo calcistico.

Gratificato da una sorta di popolare devozione, “Sor Paolo” gode ancor oggi di considerazione, viste anche le feste che gli dedicano gli abitanti del quartiere (nel mese di settembre) e il tributo dell’Università Popolare Medio Adriatica, che l’ha scelto quale proprio emblema.

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Sostruzione romana

Via G. Bona - 64100 Teramo (TE)
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propr. privata
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Sul limite meridionale della città, sotto l’area di Madonna delle Grazie, nel novembre del 1997 sono stati condotti degli scavi da parte della Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo, in seguito ai lavori di sterro per la costruzione di una palazzina in via G. Bona-Campo Fiera. È stato riportato alla luce abbondantissimo materiale ceramico, riferibile ad un’epoca compresa tra la fine dell’età del Bronzo (XII secolo a.C.) e gli inizi dell’età del Ferro, sino al VI secolo a.C., proveniente verosimilmente dal livellamento di un abitato protostorico in una fase di probabile ristrutturazione o ripianificazione. Iinoltre è stata individuata anche un’imponente sostruzione romana di epoca repubblicana (ancora visibile in situ). La sostruzione, con funzione di contenimento e di terrazzamento, faceva parte del progetto di pianificazione urbana della città. La struttura ha la fondazione in opus caementicium ed elevato con doppio paramento, a monte in opus incertum di ciottoli di fiume e a valle in opera quadrata con blocchi di arenaria locale (proveniente dai Monti della Laga). Nei rincalzi sono stati rinvenuti materiali ceramici a vernice nera (III-inizi I secolo a.C.). La vita della struttura è documentata fino a tutto il I secolo d.C. (grazie ai rinvenimenti di ceramica sigillata italica), quando si verifica il collasso a causa dello smottamento del terrapieno e la sostruzione viene obliterata.

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Teatro romano

Via L. Paris - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-240546; 0861-247772; 0861-324602; fax 0861-247120
Descrizione:

Costruito in età augustea, il teatro costituisce uno dei monumenti più rappresentativi della città. Nel corso dei secoli i suoi resti furono inglobati in costruzioni successive e solo a partire dal 1926 sono stati in parte riscoperti e restaurati, tuttavia, ancora oggi, parte dell’orchestra e della cavea sono obliterati da alcune costruzioni. Il primo a scavare il teatro fu Francesco Savini che condusse nell’area quattro campagne di scavo (dal 1900 al 1902 e poi nel 1915). Inizialmente l’archeologo pensava di indagare i resti dell’anfiteatro, successivamente, la scoperta di elementi della scena e dell’orchestra costituirono per lui la prova che l’edificio in corso di esplorazione era un teatro.

Il monumento fu innalzato nel settore occidentale della città, molto probabilmente all’interno delle mura, e collocato nel punto d’ingresso alla città del diverticolo della via Caecilia. Tale posizione aveva un chiaro valore funzionale legato alle esigenze di traffico che un monumento consistentemente frequentato poteva generare. La costruzione dell’edificio fu condizionata dall’orografia: infatti, l’esistenza di un pendio naturale al quale si addossarono l’ima e la media cavea, spiega l’accecamento delle ultime tre arcate occidentali. Il piano originario del monumento si trova a m 2,50-3,00 sotto l’attuale piano di calpestio. Dal corridoio perimetrale si dipartivano 21 settori radiali a cuneo. Le gradinate della cavea, che aveva un diametro di m 78, potevano accogliere da 3600 a 4500 spettatori ed erano rette da una struttura in opera cementizia, con pietre di fiume nei paramenti, racchiusa in un doppio anello di pilastri in blocchi di travertino. Il prospetto esterno ad arcate aveva un secondo ordine sopra quello conservato; per il duplice ordine di arcate esterne, furono impiegati travertino e marna silicea. Vani radiali voltati a botte sorreggevano la summa cavea. Della cavea è stata scavato il tratto orientale, assieme a poco meno della metà del pulpitum (lungo circa m 43) che presenta una fronte rettilinea alta circa m 1,30 e articolata in due nicchie rettangolari laterali e tre circolari mediane. In situ resta ancora visibile una delle scale di accesso che conducevano alla parte superiore della cavea, inoltre, tra il muro laterale di sostegno della cavea e l’edificio scenico, è visibile uno dei due accessi. La frons scenae, costruita in arenaria e peperino, è scandita da tre porte: la grande esedra circolare centrale, per la porta regia, e le due rettangolari ai lati, per le hospitales.

Per quanto riguarda la decorazione delle partizioni architettoniche, è stato usato il marmo: l’orchestra è pavimentata di marmo bianco, nel pulpitum e nella decorazione della fronte scenica (lesene, piccoli capitelli e cornici) sono stati impiegati il marmo lunense e quelli policromi. Sulla pavimentazione dell’orchestra è visibile una canaletta, probabilmente a testimoniare la presenza di una transenna. I frammenti decorativi architettonici della frons scaenae hanno consentito una parziale ricostruzione dell’angolo orientale della grande esedra centrale (ricostruzione visibile presso il Museo Archeologico): lo spigolo è occupato da un semipilastro angolare di cui rimane la parte superiore con l’elaborato capitello corinzio. Si conservano anche il settore corrispondente dell’architrave e del soffitto a mensole, i cui lacunari, realizzati in calcare, sono decorati da motivi con elementi floreali, della sfera del culto e con le armi: opera di decoratori locali di buon livello. Certamente pertinenti allo stesso sistema decorativo, oltre a numerosi elementi di cornici analoghe, ad andamento rettilineo e curvilineo, sono alcune basi di colonne (simile doveva essere la base della lesena angolare), da immaginare forse dinanzi alle esedre laterali. L’altezza totale del rivestimento architettonico è di circa m 12, non si può escludere, però, la presenza di un secondo ordine tale da portare la scena alla stessa altezza del prospetto esterno (praecinctio) della cavea, secondo la tipica concezione del teatro romano intesa come struttura architettonicamente unitaria. Non è sicura la presenza della porticus post scaenam, mentre dietro la fronte scenica, scavi degli anni ’80 del secolo scorso, hanno messo in evidenza la presenza di almeno cinque ambienti.

Se l’analisi degli elementi architettonici e decorativi riconduce ad una datazione riferibile tra gli anni 20 e la fine del I secolo a.C., in realtà, lo studio di alcuni frammenti di cornici marmoree iscritte (conservate nel Museo Archeologico), da riferire alla decorazione della fronte scenica, che documentano il pubblico omaggio delle élite locali alla famiglia imperiale, forniscono un importante terminus ante quem per la costruzione del teatro. Infatti le iscrizioni menzionano i due figli adottivi di Augusto, Lucio Cesare e Gaio Cesare, prematuramente scomparsi (Lucio morì nel 2 d.C. e Gaio nel 4 d.C.): in virtù di queste date sicure di morte, è possibile datare queste iscrizioni a partire dal 2 d.C, quando i due Cesari erano ancora in vita, e comunque entro il 14 d.C., anno della morte di Augusto. Poiché come riscontrato da recenti studi, sotto i regni di Augusto e Tiberio, la maggior parte dei gruppi dinastici veniva collocata in luoghi pubblici di primaria importanza, è ragionevole ipotizzare che a tali iscrizioni fossero associate delle statue onorarie. Infatti, poiché all’interno dei teatri non solo venivano realizzati spettacoli, ma anche cerimonie amministrative e cultuali, in cui la cittadinanza si trovava direttamente coinvolta, era naturale che vi fosse celebrata la casa imperiale. Sebbene le statue onorarie dei due Cesari non siano state rinvenute nel teatro di Teramo, tuttavia è plausibile pensare che dovessero esserci, poiché dalla porzione scavata della fronte scenica provengono una statua iconica e altri frammenti di altissimo pregio, forse da inserire in un ciclo onorario dinastico iniziato in età augustea e ampliato nel corso degli anni. La statua iconica, acefala e muliebre (esposta nel Museo Archeologico), è stata a lungo erroneamente ritenuta una Musa. La qualità del pezzo e la presenza nei teatri di cicli statuari dinastici, quali espressione di lealtà dell’élite locale verso la famiglia imperiale, fanno ritenere probabile che si tratti del ritratto di una dama di rango imperiale. Questo ciclo statuario dinastico sicuramente è stato concepito sotto Augusto e poi implementato sotto l’imperatore Claudio.

Circa la committenza del monumento, elementi possono essere ricavati dall’analisi del programma figurativo del cassettonato della fronte scenica in cui, la presenza di armi potrebbe alludere al carattere celebrativo di un prestigioso curriculum militare del committente. Quindi la committenza del teatro di Teramo potrebbe essere ricondotta a un altolocato interamnate che poteva aver conseguito la carica di tribunus militum di qualche legione e che, dopo aver vinto varie campagne militari, avesse ricoperto una qualche magistratura nella sua città finanziando così l’opera monumentale.

La costruzione del teatro di Teramo risulta all’incirca coeva ad altri monumenti analoghi sorti in altri centri limitrofi come quello di Hatria (Atri), di Asculum (Ascoli), di Amiternum, di Peltuinum, ecc…

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Fontana dei due Leoni

Piazza Orsini - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

La Fontana dei Due Leoni è stata realizzata dallo scultore Pasquale Morganti tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo per celebrare l’ampliamento della rete idrica teramana. Posta a decorazione di un pilastro della loggia del Palazzo Municipale in Piazza Orsini, si compone di un gruppo scultoreo di due leoni tra rocce. La simbologia del gruppo scultoreo si lega alla iconografia storica della città: i due leoni, infatti, rappresentano i due fiumi, il Tordino e il Vezzola, che racchiudono Teramo e all’interno dei quali sorse il primo insediamento della città in epoca protostorica. Tra i due leoni sgorga l’acqua che si raccoglie in un catino ovale, posto sopra ad altre rocce e rialzato di due gradini. In alto, sopra le rocce, sono collocati lo stemma della città e una lapide con la seguente iscrizione: ETERNO AMORE DI LIBERTÀ CONTRO BIECA FEROCIA TEDESCA NEL TRADIMENTO DEI CAPI FUGGIASCHI IL 25-26-27 SETTEMBRE 1943 A BOSCO MARTESE NELLA VITTORIA E NEL MARTIRIO GLI INSORTI DEL TERAMANO NUOVAMENTE AFFERMARONO MONITO A TIRANNI E A SERVI. POPOLO E COMUNE POSERO IL 25 SETTMBRE 1952. La fontana, racchiusa entro un perimetro poligonale, è protetta da un parapetto di ferro lavorato a motivi geometrici. L’11 ottobre 2006, la fontana è stata restituita alla città dopo un intervento di restauro che si era reso necessario per le condizioni preoccupanti nelle quali versava il monumento e possibile grazie all’intervento del Lions club di Teramo.

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Monumento ai caduti

Viale Mazzini - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Opera dello scultore Venanzo Crocetti e collocata in fondo ai giardini dei Tigli.

Nel 1956, il Prof. Carino Gambacorta, da poco eletto sindaco di Teramo, dopo una intensa consultazione con le organizzazioni combattentistiche della città, con i cittadini e con i suoi collaboratori, decise di dotare la città del Monumento ai Caduti di tutte le guerre. L’opera fu commissionata a Venanzo Crocetti, già famoso in Italia e nel mondo, vincitore di molti primi premi. Nel museo cittadino erano esposte tre sue opere assai significative: La Leonessa, Il Leone e la Gazzella Ferita. Il “Monumento ai Caduti di tutte le guerre”, realizzato tra il 1960 e il 1968, è un gruppo di sculture che superano i quattro metri d’altezza. La composizione vede l’immagine serena del “Giovane Cavaliere della Pace” posta al centro e, ai lati, le figure sofferenti dei cosiddetti “Caduti della Terra”, “Caduti del Mare” e “Caduti del Cielo”. Le immagini dei caduti sono poste in verticale, scavate e allungate fino ad apparire innaturali, con i corpi protesi in pose estreme a ricordare il momento nel quale sono colti: la morte eroica e il sacrificio per una causa superiore. Un vero mausoleo in cui le figure, distinte e lontane l’una dall’altra, creano un unico con l’ambiente circostante: i tigli che le fanno corona, le colline che la sovrastano e il Gran Sasso che le fa da sfondo.

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Palazzo Castelli (o casa Muzii)

Corso Cerulli - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
propr. privata
Descrizione:

La Casa Muzii, in stile liberty, è così denominata dal cognome dell’antico proprietario Muzio Muzii (lo si legge in facciata, in alto a sinistra di chi guarda, assieme all’arma della famiglia), storico teramano, che commissionò all’architetto Vincenzo Pilotti la realizzazione del palazzo, nonché della residenza suburbana “Villa Camilla”, nei pressi della frazione di Nepezzano. Il palazzo, edificato nel 1908, è posto nel centro storico di Teramo, in Corso Cerulli, di fronte al palazzo Savini (all’interno di questo edificio si conserva una raffinata scalinata, anch’essa liberty e risalente al 1893). Attualmente il palazzo è denominato Castelli, dal nome dall’attuale proprietaria Signora Magdalena Castelli, che nel 1986 avviò i lavori di restauro. L’impianto è su quattro livelli, affiancato da un corpo più basso, che occupa due piani, ed è sovrastato da un terrazzo. Il piano nobile del palazzo e il secondo piano sono inquadrati, agli angoli dell’edificio, da lesene con capitelli decorati da volute e festoni; le finestre rettangolari presentano ricche decorazioni a stucco, ispirate a repertori floreali di tendenza liberty che compaiono anche sul parapetto del terrazzo. Fra le finestre del quarto e ultimo livello si può ammirare un ciclo pittorico con scene raffiguranti Flora (dea romana della fioritura dei cereali) e Pomona (dea romana dei frutti), opera di Ernesto Aurini, realizzate con la collaborazione del pittore fiorentino Giuseppe Zina. Una delle due dee della facciata potrebbe alludere a una donna amata dal proprietario, appunto di nome Flora. Le scene dipinte sono protette da un imponente e pregevole cornicione di gronda in legno intarsiato e decorato.

Per quanto riguarda l'aspetto archeologico, le terme pubbliche di Interamnia sono probabilmente da identificare con le strutture indagate a più riprese sotto casa Castelli, sul limite nord dell’attuale Piazza del Mercato. Già nel 1565 Muzio Muzii, nei suoi Dialoghi, indica chiaramente la scoperta di un ambiente riscaldato, con il sistema delle suspensurae: il doppio pavimento, di cui il superiore retto da pilastrini in mattoni, tra i quali circolava l’aria riscaldata dal fuoco acceso nelle fornaci (praefurnia). Dell’impianto termale si sono inoltre riconosciuti due vasche riscaldate, impianti di raccolta e smaltimento delle acque, un portico, una piscina (natatio) e una vasca circolare, forse per la raccolta idrica. Il carattere pubblico della struttura potrebbe essere avvalorato dal fatto di essere prospiciente il supposto foro, ma, soprattutto, dal probabile riferimento ad essa di iscrizioni (una conservata nel Museo Civico Archeologico “F. Savini”; un’altra in cui si ricorda il restauro delle terme, riutilizzata in un edificio privato del vicino Vico del Cigno; un’altra murata nell’ingresso del Municipio).

Altri complessi termali sono stati riconosciuti in Corso de’ Michetti, all’incrocio con Via dei Tribunali, a Via di Porta Carrese, a Largo Madonna delle Grazie, a Contrada Fonte delle Regina, ma è quasi certo che non si tratti di strutture pubbliche; invece, forse riferibili a riserve idriche, sono la vasca rotonda, rinvenuta nel 1963 fra Piazza Verdi e Via Sant’Antonio, ricavata dal taglio di pavimentazioni a mosaico precedenti, e l’enorme struttura circolare, sotto Piazza Orsini, che il Savini rinvenne nel 1923 e definì “piscina natatoria”.

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Pinacoteca Civica

Viale Bovio, 1 - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-250873; 0861-247772; 0861-240546; 0861-324602
Descrizione:

La Pinacoteca Civica, nella vicenda culturale cittadina, scandisce le tappe del recupero della memoria storica attraverso il suo percorso di musealizzazione iniziato nel 1868, quando si concretizzò, per volontà dell’allora sindaco Settimio Costantini, l’idea di raccogliere dipinti provenienti dal territorio teramano. Nel 1930 il nucleo originale della collezione affluisce nella palazzina di proprietà della Reale Società di Agronomia, sita nei Giardini pubblici, e trasformata in Museo dall’Amministrazione Comunale. Alle opere pittoriche si aggiungeranno di lì a poco le sculture dell’artista ottocentesco Raffaello Pagliaccetti, affidate in custodia alla Pinacoteca dal proprietario Pasquale Ventilj.

Rinnovata nei suoi spazi espositivi nel 1958, negli anni 1974-1979 e nel 1996, attualmente la Pinacoteca ha riaperto al pubblico proponendosi in una veste rinnovata, negli spazi e nella logica allestitiva, soprattutto grazie alla presenza del deposito: un ambiente microclimatizzato in grado di accogliere in modo idoneo e razionale le opere non esposte. In tal modo si ha l’opportunità di operare scelte allestitive frutto di una ragionata e periodica scelta tra tutte le opere d’arte conservate nella Pinacoteca, che coprono un periodo artistico molto vasto: dalle tavole quattrocentesche al prezioso dipinto su tavola di mano cinquecentesca, dai dipinti del ‘600 e ‘700 napoletano alla serie di ritratti ottocenteschi, dalle preziose sculture ottocentesche, in gesso e marmo, di Raffaello Pagliaccetti alle opere bronzee di Venanzo Crocetti, scultore di origine giuliese scomparso di recente.

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Parchi fluviali del Tordino e del Vezzola

Lungo fiume del Tordino e del Vezzola - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Il Parco fluviale del Tordino e del Vezzola è un percorso che si sviluppa lungo le due sponde degli omonimi fiumi. Esso è stato attrezzato per potervi praticare giochi, sport e passeggiate. In particolare il parco è dotato di una pista ciclabile che segue un percorso ad anello. Nel corso degli anni il parco è stato ampliato: nella zona di Ponte a Catena (parcheggio con area giochi per bambini) e nell’area della Cona fino alla zona di Porta Romana (ripristino della pista ciclabile). Inoltre, nel tratto compreso tra la vecchia chiesa di Madonna della Cona e il ponte in direzione Montorio, in corrispondenza dell’area archeologica (necropoli e tempio di Ponte Messato), si sono attrezzati ulteriori 500 metri di tracciato della pista ciclabile.

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Villa Comunale

Piazza Garibaldi - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Realizzata tra il 1869 e il 1875, la Villa Comunale nasce come Orto Botanico Sperimentale Agrario a cura di Ignazio Rozzi ed è per questo che al suo interno si trovano numerose specie di piante, anche provenienti da paesi diversi dall'Italia.

Con gli anni Settanta del secolo scorso, con la progressiva decadenza dell'orto botanico e lo scioglimento della Società Economica provinciale, l'Amministrazione civica si era attivata per la realizzazione di una grande piazza e di un parco cittadino. Nonostante la lunga vertenza nell'acquisizione per la pubblica utilità dell'area, i lavori esecutivi si conclusero nel1888 per la Villa comunale e nel 1901 per Piazza Garibaldi. 

All'interno dei giardini era stato compreso anche l'edificio, ancora di proprietà della Provincia, che la Società economica, dal 1842, aveva provveduto a trasformare nella sua sede. Tale edificio ben si presentava, per la sua posizione urbanistica, a diventare, grazie a una nuova ristrutturazione la sede della Pinacoteca Civica.

 

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Antica cattedrale di Sancta Maria Aprutiensis

Piazza S. Anna - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-240546; 0861-324602; 0861-247772
Descrizione:

In epoca altomedievale nella città si registra una contrazione del tessuto urbano dovuta alla creazione, nella zona centrale della città, di un complesso sacro che comprendeva la cattedrale e la sede vescovile. La cattedrale è menzionata da Gregorio Magno in documenti del 601 d.C. La fase archeologicamente più antica, databile al IX secolo d.C., in gran parte obliterata dai lavori di ingrandimento e rifacimento della chiesa, è soprattutto documentata nel riutilizzo delle preesistenti strutture romane (domus di Largo Torre Bruciata) e nelle fasi più antiche della necropoli cristiana che interessava tutta l’area circostante.

La cattedrale, rimessa in luce durante i lavori dal 1980 al 1993, è quella in uso sino al 1157, quando la struttura fu distrutta completamente nell’incendio che seguì alla devastazione dell’intera città per opera delle truppe del conte di Loretello. Il complesso, a pianta rettangolare con abside centrale, affiancato da due ambienti laterali, ha tre navate divise da colonnati realizzati con materiale di spoglio e differenti pavimentazioni (cocciopesto per le navate laterali, lastre in pietra per la centrale). Per la decorazione architettonica furono impiegati sia elementi in pietra (plutei, finestre traforate), che a mattoni (le pareti e la stessa abside). Tutto l’edificio, di cui rimane attualmente visibile la chiesetta c.d. di S. Anna de’ Pompetti e il sito di Sancta Maria Aprutiensis, unici elementi architettonici superstiti dell’incendio del 1157, poggia su strutture romane ampiamente visibili in ogni loro parte (domus di Largo Torre Bruciata).

Il saccheggio, cui fu sottoposta la chiesa prima dell’incendio, l’ha impoverita totalmente di tutti gli arredi, così come il successivo recupero di materiali, per la costruzione della nuova cattedrale, ha disperso molti elementi architettonici in pietra. Sono stati rinvenuti solo quattro plutei, pertinenti alla recinzione presbiteriale e databili tra la seconda metà dell’VIII secolo e gli inizi del IX secolo d.C., insieme ad altri frammenti, nei livelli più bassi, ancora frammisti alle ceneri dell’incendio (tutti esposti nel Museo Civico Archeologico “F. Savini”).

Affiancava la Cattedrale l’Episcopio, rimesso in luce nell’area dell’attuale chiesa di Santa Caterina, parte integrante dell’antico edificio il cui unico toponimo, trasformato popolarmente in “Casa di San Berardo” (il più noto Vescovo aprutino), persisteva ancora nel 1800.

A difesa dell’intera area sacra era stata realizzata, con materiali di spoglio, una torre la cui struttura, in opus quadratum, ha più volte indotto in errori di datazione. La torre ha conservato numerose tracce dell’incendio, soprattutto nel lato della Cattedrale, tanto da essere tuttora chiamata Torre Bruciata.

Nell’area tra la Cattedrale e l’Episcopio, una volta asportata la necropoli cristiana, sono stati evidenziati alcuni ambienti pertinenti ad una domus (c.d. domus in Largo di Torre Bruciata) di epoca romana, datata al I secolo d.C., ma probabilmente rimasti inutilizzati a lungo e poi abbandonati poco prima della trasformazione dell’intera zona in area cultuale. Tale ipotesi sembrerebbe confermata dalla spoliazione degli ambienti, avvenuta nella tarda antichità, e dai serramenti rinvenuti in situ.

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Chiesa dei Cappuccini

Viale Mazzini - 64100 Teramo
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Descrizione:

Nel manoscritto di C. Riccanale si legge che la chiesa è stata fondata nell’819 da Adalberto (benedettino e vescovo di Teramo, ritenuto dallo studioso locale Palma di dubbia esistenza). L’esterno risente dei numerosi rifacimenti operati nel corso dei secoli: il più evidente nella sezione terminale; la parte più antica, in basso, è costruita in laterizi con ammorsature di conci (visibili sul cantonale destro). Il portale centrale, realizzato con conci squadrati di pietra, è sovrastato da una lunetta che presenta un decoro con mattoni posti di taglio nella prima cornice, mentre la seconda è realizzata da una serie di scacchi romboidali in laterizio. Questo tipo di decoro è presente nell’antica cattedrale di S. Maria Aprutiensis ed è verosimile supporre un impianto della chiesa dei Cappuccini del XII secolo, posta all’esterno delle mura cittadine, come di consueto nelle fondazioni benedettine. Attualmente l’interno è a navata unica ma, secondo Palma, l’edificio fu ampliato nel XIV secolo con due navate laterali. Oggi si conserva, sulla destra, solo una piccola navata divisa all’interno da piccole cappelle e ambienti di sagrestia che possono essere attribuiti al Cinquecento.

All’interno si conservano un tabernacolo intarsiato, mobili da sagrestia e altari lignei, opera di fra Giovanni Palombieri e dei suoi collaboratori, datati a partire dal 1762, tra cui va menzionato l’altare maggiore ornato con dipinti coevi (l’Immacolata in gloria fra San Benedetto e San Francesco, nei pannelli laterali dei Santi). sul retro dell’altare maggiore sono alcuni dipinti di epoca più antica (fine XVI secolo): l’Immacolata fra il santo vescovo e Santa Maria Maddalena, nei pannelli laterali San Francesco e San Giuseppe, opera di Pietro Gaia. In una delle cappelline laterali è presente una tela del Seicento, di modesta fattura, con Annunciazione, santo papa e S. Giuseppe. La chiesa era corredata anche del chiostro, ma non ne resta traccia.

Dalla chiesa proviene un dipinto raffigurante la Madonna con il Bambino, opera di Giacomo da Campli, oggi conservato nella Pinacoteca Civica.

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Chiesa dell'Annunziata

Via Nicola Palma 64100 Teramo
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Descrizione:

La chiesa è nota dalle fonti fin dal 1351 ed è uno dei rari esempi di architettura neoclassica in Abruzzo. La facciata è coronata da dentelli e mensole, articolata da un riquadro, sormontato da lunetta, in cui si apre il portale ornato da un cornicione aggettante sorretto da mensole. L’interno, che si presenta nella veste della prima metà del Settecento, è a navata unica con transetto e presbiterio a conclusione rettilinea. Di notevole interesse l’altare barocco dipinto e dorato, del 1691, riferibile alla produzione di Giovanni Battista Minelli: nelle nicchie laterali sono le statue di San Giovanni Battista e di una Santa martire, al centro la tela che raffigura la Madonna delle anime purganti. L’altare venne commissionato dalla Compagnia del Suffragio, il cui emblema figura nelle grottesche delle colonne e nelle specchiature dell’imbasamento. Pregevole anche il Crocifisso ligneo, databile tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, che presenta analogie artistiche con il Crocifisso della Cattedrale di Teramo, legato alla produzione di Nicola di Guardiagre.

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Chiesa dell'Annunziata (Forcella)

Forcella - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Fu edificata nel 1648 per volere di don Alessandro Forcella di Forcella, come riportato da due lapidi al suo interno. Conservò lo “ jus patronatus” fino ai primi del novecento, allorquando passò in possesso del Comune di Teramo, risultando da questo periodo nell’ Inventario dei beni immobili  dell’Ente.

La chiesa, a forma rettangolare, si caratterizzava soprattutto per l’alto valore artistico del suo soffitto a mattonelle dipinte con fantasiose raffigurazioni zoomorfe e fitomorfe e scene campestri, nei caratteristici colori rosso e nero su fondo bianco. Forse una produzione artigianale di ceramisti castellani. Fu interdetta nel 1831 in quanto già decadente nel 1807. Fu il comune teramano, divenuto proprietario nel primo novecento, a provvedere, nel 1929, alla sua riparazione.

Caratteristico l’orologio incastonato nel campanile posto sul retro, acquistato e lì fatto apporre dagli abitanti del paese nel 1903.

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Chiesa della Madonna della Misericordia

Forcella - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

L’epoca dell’edificazione dell’edificio sarebbe espressa, secondo il Palma, dalla stessa intitolazione.

Infatti è il 1348, anno della famosa pestilenza, l’anno in cui vennero eretti templi votivi alla Madonna per scongiurare l’evento calamitoso. Ma, secondo  Giovanni Di Giannatale, nella sua Storia di Forcella, l’edificio si può far risalire al 1324-26, ipotesi suffragata da documenti incontestabili.

La data 1568 incisa su di un portale laterale, la cosiddetta “ porta degli uomini “ , indicherebbe l’ultimazione o la  sistemazione del vetusto fabbricato.

Fu adibita nel 1594 a chiesa ausiliaria della prepositurale madre, ebbe, nel corso del settecento ed ottocento,carattere di cappellania.

E’ alla fine dell’ottocento che essa divenne sede parrocchiale. In questa circostanza fu ricostruita dalla fondamenta. Tale evento è inciso su di una lapide fatta apporre da don Domenico Califani il 24 settembre 1894.

Pregevoli opere d’arte sono presenti al suo interno, come la croce processionale di rame dorato con Crocifisso d’argento, la cappella di S.Antonio, di aria baroccheggiante, con  alcune sculture lignee, tra le quali spicca la statua del santo.

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Chiesa di S. Agostino

Piazza di Sant'Agostino - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Nota dalle fonti fin dal XIV secolo, la chiesa si presenta nella veste del restauro del 1876 progettato dall’architetto Giuseppe Lupi. L’interno è a unica navata. Dietro l’altare è una grande tela, databile tra il XVII e il XVIII secolo, che rappresenta la Madonna della Cintola e santi agostiniani (fra i quali si riconoscono Santa Monica, Sant’Agostino, San Gregorio Magno). Nella grande cappella ottocentesca, posta sulla destra, sono presenti, sulla cupola, affreschi della metà del secolo e, alle pareti, entro cornici in stucco, sono presenti sette tele del Settecento che rappresentano episodi della vita della Madonna (per esempio la tela con l’Assunzione del 1741). Altri affreschi sono emersi nel convento, trasformato in prigione nel 1792 e attualmente in restauro, relativi a un ciclo che, presumibilmente, narra storie di Sant’Agostino, con sottostanti quartine a rime entro cartigli (tardo Cinquecento e primo Seicento). Dalla chiesa provengono due pregiate opere d’arte: il magnifico polittico di Jacobello del Fiore, oggi conservato nella cattedrale, e un affresco staccato di Madonna col Bambino, attribuito a Giacomo da Campli, oggi conservato nella Pinacoteca Civica.

Dalla piazzetta della chiesa di Sant’Agostino, ogni anno, nella notte del Venerdì Santo, prende le mosse la processione notturna del Cristo Morto. La tradizione e il rito vogliono che la Vergine, a lutto, vaghi di chiesa in chiesa alla ricerca del figlio. La processione, che parte intorno alle cinque del mattino, richiama migliaia di fedeli ed è guidata dal vescovo di Teramo.

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Chiesa di S. Anastasio

Frazione Poggio Cono - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Già esistente nel XIV secolo, è stata completamente trasformata e ristrutturata in tempi recenti. La chiesa è a vano unico, absidato, sorretto da arconi.

Conserva interessanti reperti come una transenna dell’XI secolo ed un rocchio di colonna di epoca romana, sulla cui sommità è posta un’acquasantiera in pietra decorata.

Un altro rocchio di colonna, dello stesso periodo, sorregge la mensa dell’altare.

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Chiesa di S. Bartolomeo (ex S. Francesco di Paola, ex S. Gabriele dell'Addolarata)

Via Teatro Antico - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

La chiesa, che insiste sui resti del teatro romano, è stata costruita, con ogni probabilità, all’inizio del XVI secolo nella proprietà della famiglia Urbani. Il piccolo portale è in pietra con architrave piano, recante la scritta CHARI/TAS, e sorretto da mensole a voluta. L’interno è a unica navata e conserva un piccolo organo (probabilmente settecentesco), nonché una statua in terracotta di dimensioni inferiori al vero della Madonna adorante e seduta in trono, priva del Bambino, con mani mobili, ridipinta e trasformata in Addolorata con l’inserzione di un cuore trafitto da spade fra le mani incrociate sul petto: sembra trattarsi di un prodotto tipico delle botteghe localizzate a Nocella di Campli che ripetono, fino all’inizio del XVII secolo, i modelli aquilani di Silvestro.

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Chiesa di S. Caterina

Vico Santa Caterina - 64100 Teramo
Contatti:
propr. privata
Descrizione:

Menzionata dalle fonti fin dal tardo XV secolo, conserva di quest’epoca un tratto di facciata che si presenta stretta fra le case. Tale facciata è realizzata con pietre non lavorate e presenta un portale ad arco ogivale, sovrastato da una finestra, e piccola monofora tompagnata. Sono inseriti, inoltre, alcuni elementi di reimpiego come una colonna romana con fusto decorato a foglie (base della finestra), due blocchi con simboli e iscrizioni. Le epigrafi, in grafia gotica elaborata, recano simboli diversi: la prima, a sinistra del portale, ha una ruota dentata a otto raggi e l’iniziale S(anctus) da riferire alla stessa Santa, la seconda, sopra il portale, reca il simbolo dell’incudine con martello e le iniziali S(anctus) (con S sormontata da uno croce) G(etulius). Quest’ultimo blocco fa riferimento alle case di San Getulio, contigue alla chiesa, ossia le fabbriche annesse all’antica cattedrale (posta posteriormente), successivamente trasformate in Seminario. La chiesa fu collegata al Seminario a partire dal XVI secolo. L’interno appare nella veste dei successivi restauri: il tetto è ripristinato nella seconda metà del Settecento, ulteriori rimaneggiamenti sono stati effettuati tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento(restauro del vescovo Pirelli). Gli arredi, in stile antico, si datano tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo. All’interno si conserva il simbolo della santa: una ruota dentata (sia lignea che scolpita sulla pietra) che, se fatta girare recitando un Gloria il giorno del 25 novembre, giorno in cui ricorre la celebrazione della santa, la tradizione vuole porti fortune economiche e auspicati matrimoni.

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Chiesa di S. Colomba e S. Emidio

Caprafico - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

L’edificio attuale è stato inaugurato il 21 maggio 1961, parroco don Arduino Pompei, al posto di una chiesa precedente, che, dalla data incisa su di un’architrave, 1625, era di questo periodo o precedente. L’abbattimento fu motivato dalla sua pericolosità dovuta a grosse lesioni sulle pareti che ne rendevano precaria la struttura. Nel corso della demolizione, nella quale andarono perduti numerosi reperti murari con iscrizioni e decorazioni, fu rinvenuto un ossario.

Furono trasportate nella nuova costruzione, un po’ spostata rispetto alla precedente, per allargare il sito stradale e la piazza attigua, due tele datate 1750, “ La Pietà” e “ L’Apoteosi di S.Colomba “ di tal Albertus Atriensis.

L’intitolazione binaria risulta già negli atti del vescovo Giannantonio Campano, nei quali già nel 1476 Santa Colomba figura annessa a S.Emidio nell’intestazione della parrocchia.

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Chiesa di S. Felice

Putignano - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Innalzata, probabilmente, sul sito di una necropoli romana, come testimonia la stele funeraria utilizzata nel paramento esterno dell’edificio. Nell’attuale veste rimanda ad una ricostruzione tarda (XVII-XVIII secolo?) con muratura in pietre lavorate e cantonali ammorsati, a navata unica con due nicchie laterali.

All’interno vi è una tela raffigurante la Crocifissione.

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Chiesa di S. Giuseppe

Discesa di San Giuseppe - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-244457
Descrizione:

La chiesa è stata eretta tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. L’edificio, con tetto a capanna e muratura in pietre disposte irregolarmente, è caratterizzato da un portale rifinito in pietra con capitelli a voluta che sorreggono la cornice inferiore del timpano, spezzato centralmente da una grande voluta sovrastata da una croce. Al di sopra è presente un piccolo oculo con decoro esterno a punte di diamante. Il portale è affiancato da due piccole finestre quadrate, collocate in basso. L’interno, a navata unica, conserva un altare ligneo realizzato fra gli anni Sessanta e Settanta del Seicento, dalla bottega teramana di Domenico Aviotto. Esso conserva quattro tele laterali sempre della seconda metà del Seicento (tra gli episodi biblici raffigurati si menzionano: l’angelo che appare in sogno a San Giuseppe, la fuga dall’Egitto, il matrimonio), mentre la tela centrale, raffigurante la Fuga in Egitto, è stata realizzata nel 1630 ed è opera della bottega dell’artista Majewskj (che ha operato anche nella cattedrale). Nel fastigio dell’altare si conserva una tela del tardo Settecento. In cattivo stato di conservazione è il soffitto ligneo dipinto, di epoca barocca. Nella chiesa si conserva anche una lapide con iscrizione medioevale in versi, che recita le lodi di una fonte sita nei pressi della chiesa, frequentata fin dal XIII secolo.

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Chiesa di S. Luca

Largo Melatino, Via A. Saliceti - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

La chiesetta è stata costruita nel tardo Trecento e conserva ancora la struttura architettonica originaria: muratura in pietrame non lavorato misto con presenza di rari scapoli in laterizio e disposizione curata negli allineamenti. L’interno è a unica navata con piccolo portale definito da grossi conci di pietra e architrave piano sorretto da mensole arcuate. Sopra il portale è in opera una lastra con un toro alato, simbolo di San Luca, e la data 1380, inoltre, sotto di essa, è presente un altro rilievo frammentario con raffigurazione di un uccello recante nel becco un gran ramo con foglie e bacche, al di sotto del quale era forse un’altra data. Nella chiesa sono conservate alcuni oggetti di pregio come un’acquasantiera barocca poggiante su un rocchio di colonna (probabilmente di reimpiego) con vasca polilobata recante, al centro del bacino, una rosetta a vari pelatali, ancora un altarino in legno dorato e dipinto del Settecento con al centro una tela ottocentesca raffigurante San Luca intento a dipingere l’apparizione della Madonna col Bambino, infine, un’altra tela, più antica e di modesta fattura, rappresenta l’apparizione della Madonna col Bambino tra gli angeli, posti al di sopra di un paesaggio di colline e montagne.

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Chiesa di S. Maria

Rapino - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Già nota nel XVI secolo. Alcuni resti sono visibili presso il cimitero.

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Chiesa di S. Maria a Bitetto

Via Stazio - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Recentemente restaurata e resa agibile, la chiesa era menzionata, nel 1290, come ad Bitetum, nel 1348 ad Betectum, nel 1385 ad Bitectum. Le fonti locali riferiscono che, in seguito alla distruzione della città nel 1155-1156, per opera del conte Roberto di Loretello, della chiesa erano rimaste a stento i muri perimetrali. Attualmente essa si conserva nell’aspetto del ripristino effettuato nel XIV secolo e sono visibili, nella zona bassa della facciata, la muratura in laterizi, mentre sui fianchi numerose risarciture in pietrame di vari restauri. L’interno è a navata unica con tetto a doppio spiovente. Pregevoli i due portali in pietra del Trecento in cui compaiono decori che si riscontrano nel territorio teramano e a Teramo stessa (Cattedrale, chiesa di S. Francesco e di S. Giovanni). Per esempio nel portale in facciata sono presenti bugne sferiche sui montanti laterali esterni, foglie di palma stilizzate e ripiegate sulla ghiera esterna dell’archivolto e sui capitelli, inoltre, questi ultimi presentano, sull’abaco, un fregio di rosette; il portale laterale è decorato da un tortiglione incassato nell’archivolto e, nel capitello di destra, da foglie di palma.

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Chiesa di S. Maria ad Melatinum

Frazione Garrano Basso, Garrano Alto - 64100 Teramo
Contatti:
Descrizione:

La chiesa è posta a mezza strada tra gli abitati di Garrano Alta e Garrano Bassa, deriva il titolo dalla ex chiesa con abbazia del castello di Melatino che sorgevano non lontano dal posto.

Si tratta di una struttura seicentesca in laterizio di un’unica navata ed un ampio portichetto di accesso. Questo ha una soffittatura di mattoni arabescati dipinti in rosso tra cui spicca quello recante la data 1662.

Importante la presenza di opere d’arte al suo interno. Al centro di un notevole altare in legno dipinto e riccamente strutturato, con colonnine tortili,c’è una tela raffigurante il Padre Eterno.

Nelle due nicchie laterali le statue lignee dei Santi Pietro e Paolo. In sostituzione della pala mancante è posta la statua in pietra della Madonna con Bambino, che si può inquadrare nella produzione camplese del XVI secolo, molto intensa in questo periodo con soggetti di questo tipo, ispirata ai modelli di Silvestro de L’Aquila o Giovanni di Blasuccio.

Una curiosità, di carattere etnico-cultuale, è data dalla custodia, in un locale della struttura, della venerata statua in cartapesta del Cristo Morto portato in processione ogni Venerdì Santo a Teramo, già dal XIX secolo, oggi sostituita da una scultura lignea di Ortisei.

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Chiesa di S. Maria Assunta

Spiano - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Forse d’impianto cinquecentesco, come attesta la data posta sul portale: 1577, all’interno pala secentesca raffigurante l’ Incoronazione della Vergine.

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Chiesa di S. Maria Assunta

Villa Turri, Ferretti - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

La parrocchiale di Santa Maria Assunta appare nel rifacimento del primo Seicento ed è caratterizzata da una muratura a ricorsi irregolari in ciottoli di fiume legati con malta e numerose zeppe in laterizio. La facciata, con portale ad arco affiancato da finestre quadrate poste in basso, è preceduta da un portico restaurato. L’interno è a navata unica con arco trionfale, abside e copertura a capriate; il pavimento in cotto è originale. Nel muro posteriore esterno è stato murato un frammento scultoreo alto medievale con parte di un decoro geometrico ad intreccio vimineo e parte della cornice, probabile relitto della primitiva chiesa di Santa Maria in Turrim de Summosano (il nome Summosano o Sumosiano deriva da sub Musiano, nome originario del torrente Fiumicello). La chiesa conserva all’interno una tela con l'Annunciazione, che richiama modi emiliano-veneti ed è ascrivibile alla prima metà del secolo XVII.

L’antichità della chiesa è documentata da una preziosa pergamena risalente al 1003 nella quale è scritto che Trasmondo d’Apruzzo e sua moglie Imelda donarono dei loro beni al monastero di S. Nicolò e, tra gli altri beni, è anche menzionata “Turres cum Ecclesia Sanctae Mariae” (le torri con la chiesa di Santa Maria). Detta chiesa, quindi, è antecedente all’anno Mille.

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Chiesa di S. Maria Assunta (o S. Maria ad Porcilianum)

Colle Santa Maria - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

La piccola frazione prende il nome proprio da questa piccola chiesa, in origine S. Maria ad Porcilianum, di origini medievali, posta in posizione isolata e sopraelevata rispetto all’abitato. La piccola ma elegante struttura attuale, realizzata in ciottoli di pietra di fiume, può essere ascritta ad una ristrutturazione tardo cinquecentesca.

In epoca medievale era conosciuta con il nome di S. Maria ad Porcellianum, perché il luogo della sua erezione sarebbe stato designato da una scrofa con i suoi porcelli. La costruzione che vediamo oggi è quella ristrutturata verso la fine del Cinquecento, ma l’interno è il risultato di un restauro recente, peraltro non completamente condivisibile. La facciata è a coronamento a tabella; al di sopra del semplice portale in pietra un oculo ed un’apertura a forma di croce contribuiscono ad illuminare l’interno. Posteriormente, in corrispondenza dell’abside, è stato appoggiato un campanile che ospita una campana. Sull’esterno della parete di destra sono incastonati due conci in pietra rimessi in opera: su quello più in basso è, a rilievo, la data del 1671, mentre sull’altro si legge “Sa(n)tae Mariae Apr 01 1609 de a(g)osto”. L’interno è ad aula unica che termina con un’abside; questa, sopraelevata di due gradini, è divisa dal resto da un arco a tutto sesto poggiato su due colonne. Sulle pareti rimangono parzialmente visibili larghe tracce di antichi affreschi ed una mattonella di ceramica incastonata nella parete di destra indica che qui sono custodite le ceneri di Costantino Sbraccia, uno dei parroci più importanti che si sono succeduti in questa parrocchia, deceduto nel gennaio del 1794 all’età di 72 anni. Dietro l’altare un dipinto raffigura l’Assunzione della Vergine Maria; nei suoi pressi sono una statua della Madonna con Bambino ed un battistero con copertura lignea. Vicino alla porta d’ingresso si trova invece una bella acquasantiera su piede in pietra decorata, risalente presumibilmente al 1600.

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Chiesa di S. Maria della Neve

Valle San Giovanni - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

La data 1615, nell’iscrizione dell’epigrafe apposta nella parte in aggetto della facciata, dovrebbe riferirsi all’aggiunta di tale struttura, per ragioni di staticità, mentre si può far risalire al XVI secolo la retrostante porzione dell’edificio. Sulla sommità della facciata svetta un’ importante torretta campanaria a vela, restaurata di recente.

Si caratterizza per la presenza di affreschi barocchi nella parete di fondo.

L’anno 1775 segna il trasferimento in Valle S.Giovanni della cura delle anime dalla ormai distrutta abbazia medievale di S.Giovanni in Pergulis.

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Chiesa di S. Maria di Ponte a Porto (o S. Maria ad Pontem)

Frondarola - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

L’edificio è posto in zona distante rispetto al paese, in prossimità del fiume Tordino, nei pressi di un ponte ed i resti di un precedente ponte, ormai perduto, di passaggio tra le due sponde. Deve a questo la sua curiosa intitolazione, in un tratto di fiume che forse serviva di attracco a piccole imbarcazioni adibite al trasporto di materiale verso valle.

La struttura è, nell’insieme, semplice ma molto interessante per i reperti ed opere che contiene.

La muratura è realizzata, naturalmente, in pietra di fiume. Il portale reca incisa la data 1640. Si riferisce ad un ampliamento di un edificio precedente, di probabile inizio XVI secolo, come attestano l’affresco posto all’interno, raffigurante una Madonna con Bambino con i Santi Rocco e Sebastiano, dipinto secondo gli stilemi di quel periodo, e le date incise su graffiti sparsi ovunque, a partire dagli anni quaranta del ‘500.

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Chiesa di S. Maria in Praediis

Castagneto - 64100 Teramo
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Descrizione:

La chiesa di Santa Maria de Praediis o in Praediis che é ubicata su una modesta altura pianeggiante fra i campi vicini ai piccoli centri urbani delle frazioni di Pantaneto, Colle Caruno e Castagneto, nel territorio a nord della città, lungo la strada che conduce ad Ascoli Piceno, deriva la sua denominazione dalla parola latina praedium che vuol dire: fondo – podere, con riferimento al fatto di essere una chiesa che si trova in campagna. Il luogo di culto è stato costruito nei secoli X – XI, utilizzando materiali di spoglio provenienti, probabilmente, dal castello medievale, ora scomparso, che dominava il borgo di Pantaneto, da ville romane o da un tempio dedicato a Vesta o della dea Feronia. Considerata una delle chiese più antiche della provincia di Teramo,fu citata per la prima volta nella bolla papale del 27 novembre 1153, redatta da Anastasio IV, che la elenca tra i beni ed i diritti spettanti alla mensa aprutina concessa al vescovo Guido II. È, inoltre, ricordata come una delle 12 pievanie, con giurisdizione su molte altre chiese della zona, abilitata alla somministrazione dei sacramenti. Nell'anno 1324 il registro delle Rationes Decimarum, annoverando le decime riscosse dallo Stato della Chiesa, riportava che il Plebanatus de Praedis contava 29 chiese che versarono un'oncia e tre tarini d'argento. Altre due bolle del 1310 e del 1361 l'hanno riportata tra i beni del capitolo aprutino. In seguito, in tempi a noi più vicini, divenne di patronato misto. Lo storico teramano Niccola Palma ci ha tramandato quanto contenuto negli Atti delle Sante Visite degli anni 1611 e 1614, dove si fa riferimento all'interno della chiesa, un ambiente a tre navate, sostenute da colonne in pietra. L'aula sacra ospitava una fonte battesimale in pietra ed un ciborio, oggi perduti. Una lapide posta nella muratura dell'abside ricorda una radicale ristrutturazione del 1597, avvenuta grazie al prestito concesso dall'allora vescovo di Teramo Vincenzo Bugiatti da Montesanto. Durante quell'intervento furono affrescate le pareti interne dell'aula. A testimonianza del restauro una lapide reca incisa l'iscrizione: «.SVB R(everendissi)MI. AC PERILL(ustri)S. D(ominus) F(ranciscus). V[I]NC(en)TI. M(on)TE. S(an)ti. PRES(ula)TV. IR(?)NORAND(u)S. CASTELL(anu)S. D(e). M(aria). DE PREDIS PLE(banu)S. HA(n)C ECC(lesia)M. RESTAV(rata)M: FEC(i)T: SVB ANNO 1597»Gli ultimi lavori di conservazione risalgono all'anno 1977, dopo un periodo di abbandono, con consolidamento delle strutture e rifacimento della copertura. L'edificio religioso, all’esterno, ha un aspetto semplice e lineare con la facciata a capanna sormontata da un campanile a vela, in laterizio, con due campane.

L'interno della chiesa, con soffitto a capriate, ha pianta rettangolare absidata. Le tre piccole navate sono scandite da colonne alternate a pilastri che sostengono quattro arcate per lato. Le colonne sono di epoca romana e altomedievale. Gli archi delle navate terminano con due semipilastri di laterizi su cui poggiano le arcate dell'abside. Di particolare interesse sono i capitelli, uno tuscanico posto a base di una colonna e uno corinzio, di età romana, reimpiegato capovolto. Gli altri sono tipici della scultura romanica abruzzese dei primi decenni del XII secolo: squadrati, fregiati da viti e foglie di palma scolpite negli angoli. Assai interessante il semicapitello a ridosso dell'abside con figura zoomorfa di un quadrupede colto nell'atto di fuggire, spaventato, da un uccello mostruoso con la coda di drago mentre è ostacolato da un viticcio. Sul tessuto murario si possono osservare frammenti di cornici romane e fregi d'ispirazione bizantina. Sono visibili vari resti di affreschi, tra cui vi è una tenue, ma riconoscibile figura di santo.

Sulle pareti di testata delle navate minori vi è, su quella di destra, una Madonna con Bambino del Settecento e, sul pilastro a sinistra dell'ingresso, il dipinto rivolto verso l'altare di un pregevole San Sebastiano della fine del Cinquecento. Dal fondo bianco della porzione centrale della cornice, sul lato alto dell'immagine, si legge in grafica gotica l'iscrizione: «Queste. figura. fece. fare. A(n)gelo. de. Canto. de. Pan(ta)neto.»

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Chiesa di S. Martino

Forcella - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Fu la prima parrocchiale del paese, poi sostituita dalla più consona Chiesa della Madonna della Misericordia, per il pessimo stato in cui versava la struttura. Come attestato dai registri dell Rationes decimarum, era già esistente nel 1324-26, in un catalogo di tutte le chiese aprutine.

Fu sconsacrata dal vescovo nel 1594 ed usata per la sola inumazione dei defunti, con la conservazione del fonte battesimale e l’olio degli infermi.

Nuovamente resa al culto tra il 1837 e il 1840, a seguito di un restauro di un muro e del tetto, effettuato dall’Intendenza di Teramo.

Altri interventi di rinforzo furono eseguiti nel 1870, l’ultimo nel 1933, ma la chiesa fu progressivamente abbandonata ed aperta al culto solo in rare occasioni, quali la festa di S.Martino a maggio.

 

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Chiesa di S. Michele Angelo

Frazione Villa Gesso - 64100 Teramo (TE)
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Ricostruita recentemente in stile settecentesco, all’ interno conserva una statua di San Michele del scolo XVII-XVIII.

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Chiesa di S. Nicola

Frazione Cavuccio - 64100 Teramo (TE)
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Di particolare interesse l’organo del XVIII secolo, recentemente è stata rifatta la pavimentazione interna.

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Chiesa di S. Pietro ad Lacum

Frazione San Pietro ad Lacum - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

L’edificio risale al 1691, come attesta una iscrizione graffita su di una pietra.

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Chiesa di S. Silvestro

Miano - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

La struttura originaria risale al XIII secolo, ha subito diverse ristrutturazioni. All’interno si conservano altari in legno dorato secenteschi, una pala d’altare della stessa epoca raffigurante l’Ultima Cena ed una statua della Madonna con il Bambino

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Chiesa di S. Stefano

Rapino - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Piccola chiesa d’impianto medioevale, conserva un crocifisso ligneo del XVI secolo.

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Chiesa di S. Vittorino

Poggio San Vittorio - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

L’origine dell’edificio sacro è antecedente alla struttura attuale che, in mancanza di notizie documentate, si può far risalire ad una ristrutturazione compiuta a cavallo tra il XVI-XVII secolo.

Le prime attestazione scritte risalgono al 1188, quando le chiese di S.Vittoria ed altre, in "territorio de Podio", risultano tra i possessi del monastero di S.Atto, e al 1327, quando Guglielmo di Francesco di Poggio Cono risulta rettore della chiesa, denominata S.Vittorino "De Podio".

Nel 1568 la chiesa è parrocchiale col titolo di S.Vittorino "al Poggio".

Più volte restaurata, la chiesa, con altare barocco, conserva al suo interno alcune opere di fattura locale, come la statua in pietra Madonna con Bambino con, sulla base lignea, la data 1606, ed una tela, databile inizio XVIII secolo, raffigurante una Madonna del Rosario. L’acquasantiera è in pietra con la vasca sorretta da un rocchio di un’ antica colonna scanalata.

Ha una spoglia facciata rettilinea e conserva sul fianco destro un rilievo di sec. XIX. L’interno, a navata unica, sorretta da arconi, ha un altare barocco, in stucco dorato e dipinto. 

Da documenti d’archivio l’edificio risulta essere non un semplice oratorio ma una pieve, preposta alla cura animorum sul territorio.

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Chiesa di San Gabriele dell'Addolorata

Cannelli, Teramo
Contatti:
Descrizione:

Costruita nel 1929 su un terreno donato dalla locale famiglia Di Pietro, è una semplice struttura con copertura a capanna ed aula unica absidata. La facciata è delimitata da due colonne in mattone rosso, così come il portale, che presenta un arco a tutto sesto. In alto, un grande finestrone rotondo aggrazia la facciata e dà luce all’interno. Ristrutturata intorno al 1995, l’interno presenta oggi una controsoffittatura in legno e pochi arredi essenziali, tra cui un antico confessionale in legno. La zona presbiteriale è sopraelevata rispetto alla piccola aula e delimitata da una balaustra in travertino. Sulla parete dell’abside campeggia una statua di San Gabriele dell’Addolorata e sulla parete di destra è esibita, in un quadretto incorniciato, una semplice poesia a rime baciate dedicata al piccolo borgo di Cannelli composta da Mons. Antonio Nuzzi, Vescovo di Teramo e Atri dal 1988 al 2002, in occasione della riapertura della chiesa dopo il suo restauro. Il suo inizio è “Se viver vuoi momenti belli / vieni qui, vieni a Cannelli” e sembra proprio uno slogan a scopo turistico...

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Chiesa di San Lorenzo Martire

Colleminuccio, Teramo
Contatti:
Descrizione:

Pregevole la Chiesa di S. Lorenzo Martire risalente al XVII secolo. La costruzione originaria era più piccola di quella attuale: divenuta cadente, fu ristrutturata ed ampliata nel 1887 con la benedizione di Papa Leone XIII. Restaurata  anche in anni recenti, è rimasta chiusa al culto per circa due anni e riaperta nel Natale del 2008. Il terremoto del 6 aprile 2009, pur avendo lasciato visibili segni anche sulla facciata esterna, non ha per fortuna danneggiato la struttura portante della chiesa. Si presenta oggi con copertura a capanna e facciata a coronamento orizzontale; alti finestroni laterali ed un finestrone rotondo sulla facciata garantiscono all’interno l’illuminazione. Un piccolo campanile a vela per tre campane si erge dalla parte posteriore della parete di destra. L’interno, ad aula unica che termina con un’abside semicircolare, presenta un soffitto ligneo con capriate a vista. Nei pressi dell’altare trovano posto le statue di S. Lorenzo e di una Madonna con Bambino. Vi si conserva un’acquasantiera in pietra con decori e scritte, forse risalente al 1400, oltre ad una pregevole tela tardo cinquecentesca con San Giovanni a Patos del pittore fiammingo Dirk Hendricksz e una pala con l’Immacolata, il Bambino e i Santi. La Vergine è raffigurata in una versione “urania”con i piedi sulla mezzaluna e la mano sinistra con crocefisso, poggiata sulla sfera celeste. L’opera di non spregevole qualità si richiama alla produzione marchigiana tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. Una seconda assai modesta pala seicentesca, di produzione locale, raffigura ancora l’Immacolata e i due santi. Nella chiesa vi è anche un’acquasantiera a vasca in pietra, con rozzo decoro a corda, fascia quadrettata sotto il labbro ed epigrafe, databile tra XV e XVI secolo.

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Chiesa di Sant'Anna

Largo Torre Bruciata - 64100 Teramo
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La chiesa (conosciuta un tempo come San Getulio) è ciò che rimane della prima cattedrale di Teramo, Sancta Maria Aprutiensis (distrutta nell’incendio del 1156 dal conte Roberto di Loretello), oggi nota con il nome di Sant’Anna de’ Pompetti, in memoria della famiglia che ne aveva la proprietà. Della chiesa, in seguito all’incendio, rimase in piedi solo una piccola parte, che venne sistemata nel miglior modo possibile in attesa che fossero conclusi i lavori della costruzione della nuova cattedrale (attuale Duomo). All’interno di questa chiesetta “di emergenza” probabilmente furono conservate le spoglie del vescovo S. Berardo, protettore della città, che erano rimaste miracolosamente illese nell’incendio. In realtà, una recente ipotesi propone di individuare nella Torre Bruciata il luogo di riparo del corpo del santo. Tale torre è addossata al lato meridionale della chiesa, realizzata con blocchi di travertino, alta m 10 e con dimensioni di base di m 8,50x8; essa reca le tracce dell’incendio del 1156.

La chiesa di Sant’Anna, costruita su una domus romana (c.d. domus in Largo Torre Bruciata), rispetto ai resti della cattedrale di Sancta Maria Aprutiensis (debitamente custoditi in un sito archeologico e valorizzati con un progetto di virtualità), costituiva il nartece o porticato d’ingresso dell’antica chiesa. A conferma di ciò è presente, nel sottoarco dell’ingresso mediano, un affresco del XII secolo raffigurante due angeli in volo, nell’atto di reggere un clipeo contenete la mano benedicente di Dio.

Dell’edificio antico, presso la chiesa di Sant’Anna, attualmente rimane un vano articolato in tre campate, di cui quello centrale coperto con volta a laterizi rafforzata da costoloni poggianti su pilastri formati da colonne e semicolonne. Sul lato occidentale di tale vano è presente un triforio con coppia di colonne antiche di marmo con i relativi capitelli corinzi, dietro al quale è oggi presente un altarino. Sul muro, alle spalle del triforio, sono presenti alcuni frammenti decorativi pertinenti all’antica cattedrale (mensole, cornici, ecc…).

Sulla parete di fondo è presente un affresco della seconda metà del Quattrocento raffigurante la Madonna allattante, opera di Giacomo da Campli, successivamente affiancata dalle Sante Apollonia e Lucia.

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Chiesa di Sant'Antonio

Corso De Michetti - 64100 Teramo
Contatti:
Descrizione:

Sorta nel 1227 come chiesa e convento dei Frati Minori francescani di Teramo, la chiesa viene modificata nel 1327, intervento edilizio che si è conservato tale fino agli adattamenti barocchi (1577), quando le murature sono state ritoccate per consentire l’apertura di finestroni quadrangolari, infine un ultimo intervento avviene tra lo scorcio del XVIII e il XIX secolo. Attualmente la chiesa presenta l’aspetto trecentesco nelle strutture murarie, nel portale, nei lacerti di affresco con San Cristoforo sulla facciata, il chiostro e l’apparato murario di alcuni locali ad esso annessi, l’ingresso e le due finestre della sala capitolare. Il portale, in pietra locale di Ioannella, è realizzato con forme vegetali. L'attuale facciata ha un portale gemello a quello della chiesa di San Francesco in Campli.

L’interno è a unica navata rettangolare (m 15x44), coperta a volta, con presbiterio absidato, restaurato in età barocca, sicché è stata modificata l'architettura semplice iniziale. Per lasciare filtrare la luce verso la chiesa barocca furono realizzate grandi aperture sulla parte superiore, sacrificando una pregevole cornice collocata nella parete alta. Della cornice è possibile osservare solo una traccia nei pressi della Torre campanaria. Del pittore Vincenzo Baldati resta, nella cappella laterale, una tela firmata con l’Immacolata e i santi Carlo Borromeo e Antonio da Padova (datata 1792). Nella cappella è conservata anche una tela del Seicento che raffigura la Madonna col Bambino e i santi Matteo, Antonio Abate e Chiara, che per caratteri stilistici richiama i modi di Giacomo Farelli. Attualmente il chiostro si presenta, sia al piano terra che al piano superiore, con gli archi a tutto sesto tampognati. sulle pareti del chiostro sono stati murati una lastra di pluteo medioevale, un’altra lastra con rosone elaborato e numerosi stemmi.

Il titolo odierno di Sant’Antonio si afferma negli anni trenta del XIX secolo, quando la chiesa passa sotto la confraternita di Sant’Antonio da Padova.

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Chiesa di Santa Croce

Sant'Atto - 64100 Teramo
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Edificata nel 1750, appare completamente rammodernata.

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Chiesa di Santa Maria ad Melatinum

Garrano, Teramo
Contatti:
Descrizione:

Tra Garrano Basso e Garrano Alto vi é la chiesa di Santa Maria ad Melatinum che ripete, nel titolo, quello della medievale chiesa con abbazia che sorgeva non lontano, presso il castello dei Melatino. Appare nella veste della costruzione seicentesca in laterizio, a vano unico, tetto a capanna, portichetto d’accesso con soffitto in mattoni dipinti di rosso. All’interno vi é un bell’altare ligneo dipinto e dorato, con statue lignee dorate di S. Pietro e S. Paolo e, nel riquadro centrale, una statua fittile della Madonna e Bambino, collocabile sullo scorcio del Cinquecento.

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Chiesa di Santa Maria del Carmine

Cavuccio, Teramo
Contatti:
Descrizione:

Nel centro dell’abitato di Cavuccio sorge la chiesa parrocchiale di S. Maria del Carmine, costruita dal 1832 al 1837, con muratura mista di pietrame e mattoni, una facciata in laterizio con cantonali arrotondati e lesene, cornici marcapiano e coronamento mistilineo. Il campanile é moderno (1912). Vi si conserva una tela con la Madonna del Carmine, attorniata dai Santi Pietro, Paolo, Nicola da Basi e Barnaba, opera di Giovanni de’ Caporali del 1765 ed una più tarda tela con una Santa martire (forse S. Orsola), raffigurata con l’ancora, simbolo della Speranza, all’interno della stiva di una nave. Più lontano sorge la chiesetta di  S. Nicola, molto più antica, frequentata anche dalle comunità dei paesi vicini.

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Chiesa di Santo Spirito

Corso Porta Romana - 64100 Teramo
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Descrizione:

La chiesa è menzionata nelle fonti a partire dal XIV secolo, assieme all’ospedale ad essa annesso. Attualmente conserva la veste dell’intervento effettuato tra lo scorcio del Seicento (1698) e la prima metà del XVIII secolo. La facciata, in laterizio su basamento di conci in pietra, è a due ordini con finestrone centrale sull’ordine superiore, coronata a timpano, scandita da cornici a più modanature e da quattro paraste con specchiature all’interno. Il portale tardobarocco, in travertino, è stato realizzato dalla bottega degli scultori ascolani Giosaffatti, nota famiglia di artisti (Lazzaro, Lorenzo e Pietro). L’interno è a tre navate e quella centrale presenta una campata a cupola con lanternino. Dietro l’altare si conserva una pala del 1568, in stato di conservazione mediocre, che rappresenta l’episodio della Pentecoste.

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Chiesa e convento di San Domenico

Corso Porta Romana 64100 Teramo
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Descrizione:

La sua fondazione fu disposta nel 1287 dal Capitolo Provinciale dei Domenicani di Roma, cui la città dipendeva, e venne probabilmente edificata sullo scorcio del secolo. La sua architettura rispetta i dettami del Capitolo Generale di Narbone (1260): ossia rigorose norme stabilite per la costruzione di edifici religiosi contenute nelle Rubriche volute da S. Bonaventura da Bagnoregio. Attualmente si presenta nella veste del restauro e della ricostruzione dell’inizio del XX secolo, ad opera da Francesco Savini (all’interno si conserva anche la tomba di questo noto archeologo teramano). La struttura e la facciata sono in laterizio, mentre il portale in pietra con lunetta, recante alcuni lacerti di affresco. L’interno è a navata unica con tetto a doppio spiovente, privo di transetto e concluso da coro quadrato coperto a volta (tipico delle chiese degli ordini dei mendicanti costruite fra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo). Gli archi a sesto acuto dell’interno, destinati a sorreggere le capriate del tetto, in origine dovevano mancare, infatti sono frutto di un consolidamento tardo gotico e si sovrappongono agli affreschi trecenteschi che decoravano le pareti (potrebbero riferirsi al 1407 o al 1507, date da mettere in relazione con le violente scosse di terremoto che colpirono Teramo nel 1384 e nel 1456).

Gli affreschi trecenteschi, resistiti all’invasione francese degli inizi dell’Ottocento, sono presenti sulle pareti del coro e, in alto,  sulla parte terminale della parete sinistra della navata (questi ultimi, opera del presunto Luca d’Atri, raffigurano storie cristologiche e il trionfo di San Tommaso). Gli affreschi della controfacciata (San Donato vescovo e Sant’Antonio Abate) e delle pareti attigue (tra i quali l’Annunciazione del maestro del Giudizio di Loreto Aprutino) sono del primo Quattrocento. Nel riquadro che rappresenta San Donato vescovo e Sant’Antonio Abate compare una lacuna tra le due figure in cui s’intravede un precedente affresco con testa di un santo, o del Cristo, con capelli e barba scomposti. Al di sotto sono ulteriori riquadri lacunosi (San Giobbe con Sant’Antonio, ancora Sant’Antonio) di qualità e mano diversa rispetto ai precedenti affreschi.

Tra gli arredi si segnalano una statua in terracotta di Madonna adorante col Bambino (terzo decennio del XVI secolo), attribuibile a Giovanni Antonio da Lucoli, e un gruppo in stucco che raffigura la famiglia di Sant’Anna (metà del XVIII secolo), opera di Michele Clerici.

Gli affreschi della cappella del SS. Rosario, attigua alla chiesa, sono stati eseguiti da Gilberto Todini (del 1755).

La chiesa è anche dotata di un convento trecentesco di cui rimane il chiostro con archi a tutto sesto, sostenuti da larghi pilastri, e portale ad ogiva. In alcune lunette sono i resti di affreschi che narrano le storie di San Domenico e sono opera di Sebastian Majewski (ante 1627), mentre altri affreschi, di diversa mano, sono databili sullo scorcio del XVII secolo.

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Chiesa e convento Madonna delle Grazie

Largo Madonna Delle Grazie - 64100 Teramo
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Descrizione:

Il monastero femminile benedettino di S. Maria delle Grazie, fondato nel XII secolo (1154) da Teodino, si ergeva fuori dalle mura cittadine. Il monastero era intitolato a Sant’Angelo delle Donne, ma dal 1448 esso fu trasformato in convento dei Frati Minori Osservanti che lo ricostruirono quasi interamente (intorno al 1460-1470), conservando solo nel chiostro le tracce antiche. L’assetto attuale della chiesa è frutto della ristrutturazione avvenuta alla fine del XIX secolo (1892-1900), per opera dell’architetto Cesare Mariani. All’interno, sull’altare maggiore, si conserva una statua lignea policroma della Madonna col Bambino in grembo, tardo quattrocentesca, opera di Giovanni di Biasuccio, simile per iconografia a quella conservata nel monastero di Santa Maria dei Lumi a Civitella del Tronto. Pregevole è anche una croce processuale del 1563 (alt. cm 58, largh. cm 43). La chiesa conserva inoltre straordinari ex voto (con datazione a partire dal XV secolo) tra i quali un rilievo in argento con scena di Natività, due calici settecenteschi di manifattura napoletana, paramenti sacri della fine del XVI - prima metà del XVIII secolo. Dalla chiesa proviene, inoltre, un affresco staccato e montato su telaio, successivamente esposto nel Museo Nazionale de L’Aquila, opera di Pietro Alemanno da Ferdinando Bologna, che raffigura la Madonna col Bambino affiancata da un vescovo (forse San Berardo) e da una santa monaca con l’abito delle clarisse, Santa Parasceve. Il chiostro, romano-gotico, rivela i segni dei numerosi cambiamenti che il convento ha subito nel corso dei secoli. I bracci lunghi, scanditi da arcate a tutto sesto impostate su tozzi pilastri ottogonali, risalgano al Quattrocento, quelli brevi, articolati da arcate a sesto acuto, potrebbero invece essere una sopravvivenza Trecentesca; in tutte le corsie le coperture sono a volta. Nel refettorio del convento si conservano alcuni affreschi datati al 1637 che narrano della vita di Gesù: il meglio conservato rappresenta l’immagine del Cristo vendemmiatore.

La chiesa è dedicata alla Madonna delle Grazie, che protesse la città di Teramo dalla truppe di Andrea Matteo di Acquaviva e, più recentemente, dalla mancata distruzione del ponte San Ferdinando da parte dei Tedeschi nell’ultima guerra mondiale.

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Chiesa Madonna del Carmine

Piazza del Carmine - 64100 Teramo
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Descrizione:

La chiesa è frutto di una ricostruzione, prolungatasi per quasi cinquant’anni a partire dal 1761, avvenuta in seguito alla sostituzione della precedente chiesa di Santa Croce, ceduta nel 1578 ai carmelitani dalle monache di San Giovanni. Presenta una facciata divisa da cornici aggettanti a più riseghe, scandita da paraste, con semplice portale ad architrave piano e finestrone centrale con timpano ad arco ribassato. Sopra il portale è un affresco raffigurante la Madonna del Carmine e i santi. L’interno, a unica navata, è articolato in due campate con volta a padiglione ribassato, alternate a due brevi campate di passaggio. Il presbiterio è stretto e chiuso da abside, secondo i dettami cari al tardo barocco di questa zona, esso reca inoltre una modesta decorazione a stucco eseguita successivamente nel 1775. Qui si distingue per elevata realizzazione e qualità la statua di Madonna col Bambino della probabile bottega dello scultore ascolano Lazzaro Giosaffatti. Nella chiesa sono conservati anche un coro ligneo e un Crocifisso ligneo databili al Cinquecento.

Divenne dopo il  1809 quartiere della gendarmeria ed ancora oggi, adiacente alla chiesa, ha sede la Caserma dei Carabinieri nell'area dell'antico convento. Successivamente alla soppressione murattiana,  la Chiesa fu conservata dalla "Confraternita di Maria SS. del Carmine e del SS. Sacramento" che ancora oggi ne mantiene la proprietà. A fianco della chiesa, che pur conservando il titolo di Madonna del Carmine è sede della Parrocchia di S. Maria a Bitetto, sorge anche la casa parrocchiale.

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Chiesa parrocchiale di S. Martino di Tours

Frazione Villa Ripa - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

La chiesa, ubicata al centro del paese, è stata consacrata nel 1607 e dedicata a Martino di Tours, la cui festa patronale ricorre l’11 novembre. Ampliata nel 1755, la chiesa appare oggi nella veste del restauro moderno e sopravvive soltanto il semplice portale in pietra.

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Chiesa parrocchiale di S. Salvatore

Frondarola - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Le notizie che abbiamo della chiesa risalgono al 1683. Il soffitto è stato rifatto nel 1960, all’interno due tele del XVII-XVIII secolo raffiguranti i misteri del Rosario e la Madonna con Sant’Antonio e Sant’Attanasio, restaurati recentemente.

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Chiesa S. Francesco d'Assisi

Villa Vomano
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Descrizione:

Chiesa in stile gotico-romano costruita da Giovanni De Nardis in memoria del padre Francesco. La chiesa è a pianta rettangolare ad un'unica navata, divisa in tre campate ad archi trasversali, ogivali in mattoni, sorretti da pilastri addossati ai muri perimetrali. La copertura della navata è a due falde inclinate, con un manto di copertura in coppi, presenta all'intradosso una struttura lignea a vista, che sorregge un tavolato listellare, interamente decorato, nel quale sono raffigurati gli stemmi della famiglia De Nardis.

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Chiesa San Lorenzo Martire

Nepezzano, Teramo
Contatti:
Descrizione:

Singolare la chiesa di San Lorenzo Martire che rivela, nel basamento non intonacato, una muratura in ciottoli di fiume e numerosi rinzaffi di laterizio con blocchi di ammorsatura ai cantonali che potrebbe essere datata fra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. All’interno si conserva una modesta tela seicentesca con l’apparizione della Vergine e il Bambino a S. Eleuterio papa e S. Giorgio.

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Chiesetta di S. Martino

Scapriano - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Scapriano ospita l’antica chiesetta di San Martino. Costruita intorno all'anno Mille, fu conferita a Scapriano il 14 marzo 1274 dal diacono Ruggero, preposto aprutino, insieme ad altri sedici canonici. Nel gennaio 1817 vi furono seppelliti "moltissimi morti" che vi vennero trasportati dalle diverse parrocchie della città di Teramo: la Cattedrale, il Carmine ed altre. Chiusa al culto nel 1963, l'edificio sacro entrò in stato di abbandono. È stata recentemente restaurata grazie all'impegno personale di un gruppo di volontari locali e riaperto al culto l'11 novembre 2003 (giorno di S. Martino appunto) dal vescovo mons. Vincenzo D'Addario.

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Duomo - Cattedrale di Teramo

Piazza Orsini - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Il Duomo è il monumento di maggiore pregio di Teramo e si trova nel cuore del centro storico, sull’asse viario principale: i corsi San Giorgio, De Michetti e Cerulli. La cattedrale è intitolata a Santa Maria Assunta.

In seguito alla distruzione della basilica paleocristiana di Sancta Maria Aprutiensis, nel 1155-1565, ad opera del conte Roberto di Loretello, il vescovo Guido II decise di far ricostruire la cattedrale a circa cento passi di distanza dalla precedente, nell’area vicino all’anfiteatro romano. I lavori iniziarono nel 1158 e furono completati nel 1176. Nei secoli successivi il duomo di Teramo ha conosciuto varie trasformazioni: ingrandito fra il 1317 e il 1335, quasi certamente modificato nella seconda metà del Quattrocento, poi trasformato all’interno in forme barocche nel 1739, infine ripristinato nella sua forma originaria nel 1932. Il portale, di tipo cosmatesco, è firmato dall’artista Diodato Romano e risale al 1332; esso presenta, oltre alle decorazioni a mosaico, pregevoli sculture tra le quali vanno menzionate quelle di Nicola da Guardiagrele rappresentanti l’arcangelo Gabriele e l’Annunziata. La facciata è coronata da una merlatura, insolita per un edificio religioso, che simboleggia il potere spirituale e quello temporale, entrambi detenuti dal vescovo locale che rivestiva la carica di vescovo-conte. La porta lignea intagliata è una riproduzione ottocentesca di quella originale del Cinquecento. Sopra il portale si possono osservare gli stemmi a scudo e di colore rosso, della città di Teramo, Atri e del vescovo Nicolò degli Arcioni, grazie al quale la cattedrale venne ampliata (stile gotico e facciata). Ai lati dell’ampia scalinata sono quattro leoni in pietra che, verosimilmente, dovevano essere impiegati come basi di colonne di un colonnato. Sul fianco destro della cattedrale sono inseriti dei rilievi in calcare con armi di epoca romana, da attribuire ad un monumento funerario. 

Il campanile, alto m 48, è stato costruito in vari momenti a partire dal XII secolo in poi e l’ultimo intervento risale al 1493, per opera di Antonio da Lodi. Fino agli anni Sessanta il campanile era collegato al palazzo del Vescovado da un passaggio riservato alla curia.

Nell’interno della cattedrale si individuano due stili: quello romanico, nella parte iniziale, e quello gotico, della prima metà del Trecento, nella parte retrostante; le due fasi costruttive sono infatti intuibili dal diverso allineamento delle stesse. Il soffitto ligneo è variamente decorato. L’altare maggiore, posto nella navata centrale, è decorato dal Paliotto di Nicola da Guardiagrele (su di esso sono riportate le date di inizio e di fine della lavorazione: 1433-1448), costituito da trentacinque formelle d’argento a sbalzo e smaltate, che narrano la vita di Gesù. Altre opere di pregio sono conservate nella cappella di San Berardo, che ha mantenuto lo stile barocco: si tratta del polittico di Jacobello del Fiore (circa 1434-1438), in cui è rappresentata la città di Teramo, e di una statua lignea della Vergine col bambino, risalente al XIII secolo. Anche la sagrestia conserva un bellissimo altare ligneo con tele dell’artista polacco S. Majewski.

In seguito a lavori di restauro, durati circa tre anni, il Duomo è stato riaperto al culto nel settembre del 2007. Nel corso dei lavori, sotto la pavimentazione, sono stati ritrovati e resi visibili al pubblico la cripta, intitolata a San Berardo, e un cunicolo che dalla cripta stessa si dirige verso Piazza Martiri della Libertà. Sotto il pavimento, sono stati inoltre rinvenuti, nella parte prossima all’ingresso principale, resti di ulteriori costruzioni precedenti all’impianto della cattedrale.

Sulla facciata posteriore della cattedrale è stato inoltre inserito un pregevole pannello scultoreo bronzeo, scolpito a basso rilievo, opera dell’artista Venanzo Crocetti, e raffigurante “L’Annunciazione”.

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Ex monastero di S. Giovanni in Pergulis

Valle San Giovanni - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

La vastità e totalità della rovina, attestata dai residui resti che si ergono ancora solenni a monte della valle, rispetto al paese, è pari alla importanza e grandiosità che tale struttura ha rivestito in un remoto passato.

Oltre alla denominazione, estesa all’abitato del paese, grande è stata l’influenza che l’abbazia ha esercitato attraverso i sui documenti, i suoi resti, attestanti l’origine romana del sito, forse una villa rustica.

Già citato in un documento del 1134, quale S.Giovanni in Perula, deve la seconda parte del suo nome, Perulis, poi Pergulis, a indicare i primi alberi da frutto che si incontravano scendendo dai monti a valle, al termine di un duro cammino, verso una terra più ospitale, ricca di frutti e miglior agio di vita.

Le numerose pergamene manoscritte, appartenute all’abbazia, molte ancora da decifrare, sono confluite e gelosamente conservate nelle biblioteche della provincia.

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Ospedale e cappella di S. Antonio Abate

Porta Melatina - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

E’ situata sotto l'arco di Porta Melatina. Legata alla tradizionale cerimonia di benedizione degli animali che si tiene annualmente, il 17 gennaio, giorno dedicato alla festa del Santo

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Museo c/o Osservatorio Astronomico di Collurania "Vincenzo Cerulli"

Via Mentore Maggini, snc 64100 - Teramo (TE)
Contatti:
Tel. 0861 439711 - Fax 0861 439740
Descrizione:

L’Osservatorio è stato fondato nel 1892 dal teramano Vincenzo Cerulli e, nel 1917, è stato donato allo Stato con la condizione che la struttura fosse sempre dedicata allo studio dell’astronomia. In esso è contenuta tutta la strumentazione astronomica, restaurata e catalogata, utilizzata in passato presso l’osservatorio; in seguito, tale collezione, è stata arricchita con le attrezzature del soppresso osservatorio romano. Il materiale storico-strumentale esposto nel percorso didattico testimonia l’evolversi dell’astronomia e dell’astrofisica in questo secolo; parallelamente a questa sezione è illustrata la storia dell’Osservatorio Astronomico che, ancora oggi, continua la sua attività di sviluppo e avanzamento tecnologico di questa scienza. La collezione museale è allestita presso i locali dell’Osservatorio ed è suddivisa nella seguenti sezioni: orologi, telescopi, cannocchiali, strumenti di laboratorio e altro.

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Parco della Scienza

Via A. De Benedictiis, 1 - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-3241
Descrizione:

Il Parco della Scienza, presso l’area ex Gavini, comprende il Museo della Fisica e dell’Astrofisica “Galileium, gestito dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (collegato all’Osservatorio Astronomico di Collurania) e la Ludoteca tecnico-scientifica, progettata dalle tre Università dell’Abruzzo, dall’Assessorato regionale alle Politiche del Lavoro e dallo stesso INFN. Inoltre nel Parco è presente un Auditorium che contiene 600 posti a sedere.

Nel Museo interattivo “Galileium” è allestita la mostra “Le impronte dell’Universo” che ha l’obiettivo di mettere il visitatore in contatto con la fisica, sperimentando attraverso divertimento. Infatti nel museo viene messo in risalto il legame che esiste tra le cose più piccole e quelle più grandi dell’universo, tra le particelle elementari studiate nei laboratori del Gran Sasso e i grandi oggetti del cosmo come stelle e galassie. Il museo è dedicato in particolare ai ragazzi ma anche ai curiosi di tutte le età. Nel Museo sono, inoltre, esposte alcune opere di Italo Rodomonti, artista teramano ed esponente di spicco in Italia della Space Art.

La Ludoteca è soprattutto indirizzata ad un pubblico giovane (di età compresa fra i 3 ed i 17 anni): il percorso didattico, sviluppato intorno ai quattro elementi primordiali (aria, acqua, fuoco, terra) da cui ha preso origine la vita, stimola il visitatore alla conoscenza delle materie scientifiche e sperimentali. Per ognuno dei quattro elementi sono state concepite postazioni di gioco tematiche dove, contemporaneamente, i giovani visitatori possono vivere direttamente i contenuti scientifici, approfondirli attraverso supporti visivi, verificarne l’apprendimento attraverso simulazioni virtuali, confermare i contenuti didattici mediante allestimenti di piccoli esperimenti. Questi gli esperimenti e i momenti di gioco di ogni postazione: esplorare una cellula interattiva, fossili ed evoluzione, l’area paleontologica e l’area biomedica, mare e onde, energia dal vento, il clima e i suoi impatti, sole ed energia solare, dal magma al Dna, terreno e agricoltura.

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Casa Bonolis

Via V. Cerulli Irelli - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
propr. privata
Descrizione:

Ex casa Massei attuale casa Bonolis di proprietà dell’omonima famiglia da più di tre generazioni. Il palazzo è stato più volte rimaneggiato. Dell’antica torretta medievale non c’è quasi più traccia, mentre sono originali il portone in pietra e lo stemma in alto a sinistra che sembra essere quello dell’antica famiglia Massei. In questa casa, il primo gennaio 1800, nacque il noto pittore teramano Giuseppe Bonolis di cui si ammirano diversi quadri nella Pinacoteca Civica di Teramo e a Napoli, dove tra l’altro teneva una fiorente scuola privata di pittura. 

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Casa Catenacci (poi Corradi, oggi Capuani)

Via Vittorio Veneto - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
propr. privata
Descrizione:

All’edilizia della seconda metà del XV secolo va riferita Casa Catenacci, poi Corradi, oggi Casa Capuani, in Via Vittorio Veneto con portico ad archi ogivali in laterizio su pilastri, portale principale ad ogiva in conci di pietra, con portaletti più tardi, architrave piano sorretto da mensole sul fianco destro. Tracce di portici simili si vedono ancora oggi nel Palazzo dell’Episcopio e nella ex casa Bonolis in Corso de’ Michetti (già Corso di Porta Reale). Al primo piano sopravvive una finestra con cornici di pietra e architrave piano; le altre finestre sono successive (XVI secolo). Del XVI secolo è la loggia sul corpo più basso all’estremità sinistra dell’edificio. È possibile si tratti della casa restaurata da Giacomo Corradi citato dalle fonti nel 1495 e nel 1511. Sotto il portico sono murati una colonnina tortile e uno stemma che, come il portico stesso, potrebbero appartenere ad un precedente assetto tardo trecentesco (la famiglia Corradi, con Berardo, è documentata fino al 1348). Sulla facciata, nel moderno rinforzo a scarpa in mattoni, è rimessa in opera una lastra con l’insegna della famiglia Catenacci. Sulla facciata dell’edificio (su Via Vittorio Veneto) si trova un emblema lapideo datato 1510 con la scritta ammonitrice “S.A. NON BENT PRO TOTO LIBERTAS VENDITUR AURO” (La libertà non si vende per tutto l’oro del mondo).

Dal 1791 fino all’inaugurazione del Teatro Comunale ottocentesco (1868), malauguratamente demolito nel 1959, l’edificio ha ospitato il teatro pubblico della città. Nel 1791, per l’inaugurazione del teatro, la famiglia Corradi invitò a Teramo la celebre cantante Ida Monti Bolognesi. Teramo dovette lottare a lungo per avere un teatro cittadino, ma si scontrò sempre con l’intransigenza del governo borbonico. Alla istanza avanzata nel 1786 da Don Pasquale Marozzi, il ministro Tanucci rispose negativamente, annotando di suo pugno: “Ovunque s’è permesso teatro, ivi sono occorsi disordini”. Con la costruzione del teatro comunale nel 1868, quello Corradi andò progressivamente decadendo finché non venne chiuso e la casa restituita a civile abitazione.

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Casa Délfico

Corso San Giorgio - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
propr. privata
Descrizione:

La Casa Dèlfico si affaccia lungo il corso S. Giorgio e Via Dèlfico. Fu costruita nel 1552, come riporta la scritta sul portone in Via Dèlfico, ed è stata l’abitazione della famiglia. Resti antichi sono murati nel cortile della casa (una metopa con protome di divinità) e sul portale lungo il corso S. Giorgio in cui è riadoperata, come mensola sopra l’architrave, una cornice con ovuli e dentelli. Entrambi i portali sono arricchiti, negli angoli laterali, da decori a rosette e vegetali, in particolare il portale in corso S. Giorgio presenta anche due protomi umane. Sia il portale su Via Dèlfico che quello su corso S. Giorgio presentano, al centro dell’architrave, lo stemma gentilizio, ossia una pianta d’alloro, fra iscrizioni. Il portale in Via Dèlfico reca l’iscrizione: VETERES FERENDO NOVAE INVITANTUR INIURIA e la data MDLII (anno di costruzione della casa). Il portale in corso S. Giorgio reca l’iscrizione: EAT IN POSTEROS DELPHICA LAURUS.

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Casa del Mutilato (ex chiesa di S. Maria della Misericordia)

Piazza Dante - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

La chiesa di S. Maria della Misericordia, costruita nel 1348 durante una epidemia di peste, probabilmente con annesso ospedale (definito da Palma un “camerone”), oggi è inglobata in un edificio quattrocentesco (la cd. Casa del Mutilato) del quale sopravvivono solo due piccoli portali in pietra (parzialmente di restauro). L’ingresso a quella che un tempo era la chiesa è scandito da un arco ad ogiva e nella cui lunetta del portale è conservato un affresco del XV secolo di Giacomo da Campli, assai lacunoso, che raffigura una Madonna con il Bambino affiancata da S. Antonio Abate e da una santa. Sulla ghiera sono visibili pochi resti di una cornice e, all’interno, alcuni affreschi trecenteschi, tra cui si ravvisa S. Onofrio, che purtroppo recano i segni di evidenti colpi di martello. La chiesa venne restaurata nel 1400 dall’architetto Pio Ferretti e non subì altre modifiche nel tempo, infatti da allora è rimasta così come noi oggi la vediamo. Si racconta che, nel 1514, la chiesa fu visitata dalla regina Giovanna II d’Aragona che donò alla cittadina un crocifisso che sembra contenesse una spina della corona di Gesù. 

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Casa Franchi

Corso San Giorgio - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Palazzo Franchi è rammentato, dalle persone più attempate e amanti delle cantine, col nome di “Casa Thaulero”, in ricordo dell’antica osteria ivi presente, nota soprattutto per il suo ottimo vino. Casa Franchi, però, non fu solo un tempio del gusto, ma soprattutto un palazzo signorile. Infatti a Teramo, tra il tardo XVIII e il XIX secolo, furono ristrutturate antiche case, rinnovate le loro facciate o, addirittura, abbattute vecchie abitazioni per costruirne ex novo, in particolare lungo le vie principali. Attualmente fisionomia dell’odierna città è però a volte alterata dall’edilizia recente. Tra gli edifici che conservano i lineamenti dell’impianto settecentesco, oltre palazzo Franchi in corso S. Giorgio, si menziona anche il palazzo dell’Unicredit di piazza Martiri, quello Cerulli di corso Cerulli, quello Marcozzi, quello Delfico di via Delfico e il Seminario tra via S. Berardo e via Vittorio Veneto. Alcuni di questi palazzi hanno all’interno soffitti, pareti e sovrapporte affrescati e a volte presentano imponenti scaloni con decori scultorei, frutto del gusto della seconda metà del Ottocento.

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Casa Melatino

Largo Melatino - 64100 Teramo (TE)
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Descrizione:

Il palazzo è certamente uno degli edifici civili più antichi della città, edificato dalla famiglia Melatini al tempo del nuovo sviluppo urbano della città, successivo alle devastazioni del conte Roberto di Loretello (1155-1156). L’acquisto, il restauro e il riuso del Palazzo Melatini da parte della fondazione Tercas, ha permesso di rendere fruibile questo edificio attraverso la creazione di spazi museologici finalizzati alla sistemazione delle maioliche artistiche di Castelli, antiche e moderne, e di altre opere d’arte della collezione della Banca, nonché di realizzare, al suo interno, la sede della Fondazione.

L’edificazione del primo nucleo della casa sembra potersi riferire al 1232; successivamente sono stati effettuati ulteriori interventi, come è evidente dalla stratigrafia muraria sopravvissuta. Attualmente il palazzo ha una sola facciata a vista, oltre a quella interna che si affaccia sul giardino, mentre sui lati corti sono addossati edifici più recenti. In realtà il palazzo in origine doveva essere isolato, com’è testimoniato da cronache locali. L’edificio è a pianta quadrata, fortemente irregolare, e a tre piani.

In facciata le tracce delle colonne in laterizio, di archi ogivali, anch’essi in laterizio, attualmente inglobati nella muratura, sono la testimonianza della presenza dell’antico portico prospiciente la piazza, secondo un modello ben ricorrente a Teramo (si veda il palazzo del Vescovado). Ma le tracce del portico sono anche presenti nel primo arco (verso nord) che sembra essere parzialmente inglobato nella muratura dell’edificio contiguo.

Le finestre in serie potrebbero essere coeve e costituire l’indizio di un rifacimento o ristrutturazione della facciata, avvenuta forse in un periodo di particolare floridezza della città. Alcune finestre presentano la singolarità di avere una colonnina divisoria centrale. Una finestra ha la colonnina a sezione ottogonale che poggia su una base da cui sporge un volto umano molto deteriorato e regge un capitello ornato da una serie di fiori a quattro petali e foglie lanceolate. Le colonnine di altre due finestre sono decorate, l’una da un volto barbuto, l’altra da un volto femminile, da un corpo serpentiforme che si avvolge lungo il fusto e da basi modellate a forma di volto umano; entrambe le colonnine sono sormontate da un capitello con doppio ordine di foglie disposte a calice e che contengono fiori.

Al piano terra del palazzo convivono tracce medioevali, rinascimentali e più recenti con resti di strutture più antiche, appartenenti a una domus di epoca romana di cui ne sono testimonianza il ricco repertorio di pavimenti (tratti di mosaico, lastrine di marmo bianche e policrome con inserti di pietra lavica, ecc…) e alcuni tratti di intonaci dipinti.

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Casa Urbani

Vico del Pensiero - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
propr. privata
Descrizione:

Questa è una delle pochissime abitazioni che conservano testimonianze dell’edilizia privata teramana del periodo medioevale, poiché è una delle poche scampate alla distruzione operata dal normanno conte di Loretello nella metà del XII secolo. Nella veste attuale, la casa risale alla prima metà del XV secolo e presenta un perimetro esterno con muratura di ciottoli di fiume a ricorsi ben allineati (successivi sono i rinfazzi di laterizi e pietrame più grosso, privo di allineamenti), finestre ad arco incorniciate da conci lisci e ben squadrati, un piccolo portale (tampognato in cui si apre un ben più tardo finestrino quadrato), con ghiera e cornice di mattoni, e portale in pietra ad ogiva su mensole a doppio listello. È questo tipo di portale (con arco sia ad ogiva che a tutto sesto) che si ripete nell’edilizia cittadina dagli ultimi decenni del XIV a tutto il XV secolo, con ghiere più o meno decorate da semplici cornici in pietra o da più elaborati motivi in cotto, con montanti laterali coronati da capitelli a listello semplice o doppio, con toro, scozia e listelli, o anche senza capitello: in tal senso si confrontino i portali in via Muzii, quelli numerosi di via Getulio, di via della Banca, i due gemelli di case Bonolis a via Irelli, di via Vezzosa con ghiera in cotto. Nel corso di recenti restauri, dinanzi al portale, sono venuti alla luce resti di un mosaico appartenente ad una abitazione privata sui quali poggiano direttamente le fondazioni della casa medievale.

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Castello Della Monica

Via del Castello - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-247772
Descrizione:

Il Castello Della Monica è unicum architettonico nell’intero panorama nazionale per la sua specificità progettuale: infatti è stato progettato e realizzato come dimora personale dall’artista teramano Gennaro della Monica (architetto, scultore e pittore, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, del quale il Castello ha assunto anche il nome) ed è ubicato in stretto rapporto di continuità visiva con la città. Esso è infatti collocato sul piccolo colle di San Venanzio, poco distante da Piazza Garibaldi, a dominare l’intera cittadina che si estende ai suoi piedi, e alla confluenza di importanti snodi stradali e di accesso alla città: verso l’ascolano, verso il Parco Gran Sasso e Monti della Laga, verso la superstrada di collegamento all’Autostrada A14 e verso la Statale Adriatica. La costruzione del Castello è iniziata nel 1889 e, seguendo la moda di fine secolo che si ricollegava al gusto neogotico, presenta un ritorno al gusto medievale. Per rendere il tutto più veritiero, Della Monica fece costruire anche il borgo del castello e cercò di rendere tutto un po’ decadente, come corroso dal passare degli anni. Il complesso si compone di due edifici secondari che, insieme al corpo principale, formano un vero e proprio borgo di sapore medioevale che, oltre al Castello e ai due edifici a valle, comprende una dipendenza di servizio e dei giardini a terrazzo. Il Castello è stato eretto sul sito dell’antica chiesa di San Venanzio (ridotta dai francesi a polveriera) della quale sono stati riutilizzati materiali di costruzione ed elementi decorativi. Purtroppo l’interno del castello oggi non è visitabile perché pericolante, ma è ricco di affreschi che ritraggono paesaggi e non solo, opere della mano di Gennaro della Monica, che ha dipinto ogni tipo di particolare. Della Monica abitò nel Castello e vi collocò il suo studio, dove raccolse una mole enorme di appunti, studi e disegni, realizzati nel corso dei lavori di completamento degli interni e dell’intero complesso. A partire dal secondo dopoguerra, il Castello è stato sempre più circondato e soffocato dalle abitazioni che hanno finito per occultarne completamente il profilo, fino a renderlo poco visibile all’interno del contesto cittadino e paesaggistico.

Dopo la morte di Gennaro Della Monica (1917), Vincenzo Bindi, storico dell’arte nativo di Giulianova, propose per primo l’acquisizione del Castello da parte del Comune per destinarlo a sede del Museo Civico. La proposta, però, criticata da più parti, fu subito accantonata. Attualmente, ad eccezione di un solo edificio che è rimasto abitazione privata, il resto del complesso è di proprietà del Comune di Teramo che ha l’intenzione di recuperarlo e rifunzionalizzarlo per essere riaperto al pubblico e riconsegnato alla Città. 

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Chiostro di S. Giovanni

Piazza Verdi, 25 - 64100 Teramo
Contatti:
0861-248866
Descrizione:

L’ex monastero di San Giovanni a Scorzone in Teramo (oggi sede del Conservatorio musicale “Gaetano Braga”) fu fondato nel XIV secolo (precisamente nel 1384), per volontà di Isabella, sorella di Cola di Lucio, con diploma di Carlo III, per istallarvi un ritiro di monache alle quali Isabella diede la regola di S. Benedetto. Al monastero vennero poi annessi quelli di S. Chiara, di S. Croce, di S. Anna e di S. Giovanni a Scorzone. La conventualità rimase presente ed attiva, con alterne vicende, fino al 1916, quando l’ordine religioso si trasferì a S. Giuliano di Fermo. Il convento, incamerato dallo Stato nella seconda metà del XIX secolo, dal 1930 fu concesso, in parte, al Ricreatorio “Gemma Marconi” e, dal 1934, come riporta la rivista “Teramo”, furono iniziati i lavori per l’adattamento a Liceo Musicale “G. Braga”.

Per ciò che riguarda il chiostro del convento alcuni studiosi locali riferiscono: Gavini ne parla come di “un’opera frammentizia che lascia perplessi sulle cause che lo produssero”, Rubini afferma che fu trasportato dal distrutto cenobio di S. Giovanni a Scorzone. Il chiostro è formato da un’area rettangolare porticata solo su tre lati, con arcate a tutto sesto sostenute da colonne a pilastri agli angoli, poggianti a loro volta su di un basso muro in pietra e mattoncini. A volte le basi sono adoperate per capitelli e i capitelli rovesciati posti come base a confermare la notizia di Rubini che si tratti di un portico trasportato e ricostruito da mani inesperte. Su un lato del portico è presente una fontana in pietra dentro una nicchia incorniciata da conci di pietra intagliata. Sopra le arcate del portico è notevole un elegante marcapiano in mattoncini e tortiglioni in terracotta. Interessanti un portale in pietra con decorazioni, che doveva immettere nell’antico convento, tre stemmi in pietra sulla parete non porticata ed altri tre sul lato adiacente. Il piano superiore del chiostro è anch’esso da un porticato.

La storia del monastero è anche importante per le innumerevoli pergamene conservate nel suo archivio le quali costituiscono autentici documenti e fonti preziose per la storia della città.

Nel corso degli anni Sessanta del secolo scorso, in attuazione del piano di risanamento del quartiere di Santa Maria a Bitetto, venivano demolite le case sull’area che avrebbe poi costituito l’attuale piazza Verdi riportando alla luce due lati del monastero, prima nascosti, mentre un “taglio” veniva apportato al cortile rialzato per l’allargamento di via Sant’Antonio.

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Convitto Nazionale

Piazza Dante - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-250665
Descrizione:

La sede del Convitto Nazionale e del Liceo Classico, intitolata a “Melchiorre Delfico”, filosofo e uomo politico teramano, è stata realizzata nel 1934, in un’area un tempo considerata “fuori città”. L’edificio è stato giudicato uno dei più belli tra quelli realizzati in Italia nella prima metà del Novecento e ancora oggi conserva un certo fascino legato alla sua maestosità.

Il Liceo Classico e il Convitto Nazionale sono le due istituzioni scolastiche più antiche di Teramo, infatti traggono origine dal Real Collegio istituito con decreto di Gioacchino Murat il 16 maggio 1813, come conseguenza della Legge 30 maggio 1807 emanata da Giuseppe Napoleone Bonaparte, Re delle due Sicilie. Il Real Collegio di Teramo, cui il 6 dicembre 1818 venne unito il Convitto, viene considerato l’espressione più matura della politica scolastica messa in atto dalla Francia nel Regno di Napoli e fu la prima scuola pubblica non religiosa istituita a Teramo, con la quale venne stabilita anche quella distinzione dell’istruzione scolastica in primaria, secondaria e universitaria su cui si basa ancor oggi l’intero sistema scolastico europeo.

Il Convitto Nazionale nacque con lo scopo di garantire la frequenza scolastica a tutti quegli alunni che, per difficoltà legate allo scarso sviluppo delle vie di comunicazione, necessitavano di strutture in grado di offrire il servizio di residenzialità (guardaroba, mensa, dormizione notturna, ecc… ). Lo sviluppo della rete stradale e l’aumento delle scuole nei piccoli centri abitati, ha fatto si che, nel corso degli anni, l’esigenza residenziale degli alunni sia pressoché scomparsa.

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Corso di Porta Romana

Corso Porta Romana - 64100 teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Tra il XIV e il XV secolo molti edifici si dotarono a Teramo di portici, soprattutto lungo gli assi viari principali, verso le porte della città. Il corso di Porta Romana è così definito poiché qui, in epoca antica, si apriva una delle porte di Teramo che si affacciava sulla via che conduceva a Roma: il cosiddetto diverticolo della via Caecilia che seguiva grossomodo il corso del fiume Tordino e attraversava la necropoli della città in località Ponte Messato-La Cona, presso cui è stato rinvenuto anche un tempio repubblicano, così giungeva a Montorio al Vomano, dove si biforcava: una via proseguiva verso Basciano e l’altra verso L’Aquila. La viabilità romana in Abruzzo era basata su pochi assi viari che partivano dalla capitale ed erano collegati fra loro da strade secondarie; due erano le direttrici più importanti: la via Salaria e appunto la via Caecilia. La via Caecilia costituiva un prolungamento della via Salaria fino a Giulianova e Atri: in pratica, all’altezza di Antrodoco, la via si discostava dalla Salaria per proseguire in direzione di Amiternum (San Vittorino, AQ) e così ricalcare, a grandi linee, il percorso della SS 80 e collegare l’antica Interamnia con Amiternum attraverso il Passo delle Capannelle. Lungo il percorso della via Caecilia erano collocate aree funerarie (appunto la necropoli in località Ponte Messato-La Cona di Teramo) e luoghi di culto (per esempio il tempio repubblicano in località Ponte Messato-La Cona, il tempio di Ercole, fuori Montorio, il tempio il località Colle del Vento).

Pregevole, lungo il corso di Porta Romana, è il portico realizzato in laterizio, con archi a tutto sesto poggianti su grossi pilastri e volte a crociera.

Altri portici sopravvivono nelle case Bonolis di corso de’ Michetti (in laterizi con archi a tutto sesto i primi, ogivali i secondi, tutti su pilastri, volte a crociera); quelli di casa Massei in angolo fra piazza Martiri della Libertà e via Vittorio Veneto (tampognati, con arco a tutto sesto e ghiera in pietra) e il portico con archi ogivali del Palazzo Comunale.

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Fonte della Noce

Via Fonte della Noce - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Nell’ambito del percorso fluviale del Vezzola s’incontra il sito medioevale di Fonte della Noce che ha una grande importanza per la città perchè per secoli il rifornimento idrico di tutta la zona nord di Teramo dipendeva da essa, almeno fino agli anni Trenta del secolo scorso. È stato inoltre un luogo storicamente importante perchè in questo sito sostò la regina Giovanna d’Aragona, giunta a Teramo per prendere possesso della città nel luglio del 1514.

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Gabella o casa del dazio

Via Conte Contin - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
propr. privata
Descrizione:

Le gabelle sono due piccoli edifici, posizionati tra Via Contin e Circonvallazione Spalato e recentemente ristrutturati, ubicati in posizione strategica, ossia lungo la via principale dei traffici e vicino la porta della città, poiché in esse si riscuotevano le gabelle o i dazi, ossia le tasse indirette sugli scambi e sui consumi di merci. Tali tasse erano riscosse da esattori, i gabellieri, figura a metà fra l’ufficiale pubblico e un libero concessionario in proprio. Le gabelle sui generi alimentari di prima necessità (grano, sale, ecc…) erano spesso applicate in maniera onerosa e abusiva. I gabellieri avevano un libro delle gabelle, una sorta di registro, dove annotavano gli importi delle tasse sulle merci in entrata e in uscita dalle porte di una città; in essi si trovano le varie merci divise per campo, per tipologia (materie prime, semilavorati o prodotti finiti) con i relativi importi della tassazione.

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Giardino dei "Tigli"

Viale Mazzini - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Nell’estate del 2009 i giardini dei Tigli sono stati intitolati a Carino Gambacorta, noto sindaco di Teramo. L’inaugurazione è stato l’atto conclusivo del progetto di riqualificazione dei Tigli, che ha previsto anche i lavori di ripavimentazione, di pulizia e di sistemazione degli spazi verdi, di inserimento di nuovi elementi di arredo e di un nuovo impianto di illuminazione. Nel corso della cerimonia sono stati scoperti alcuni busti commemorativi di personaggi teramani illustri, come quello della poetessa teramana Giannina Milli, del poeta Gabriele D’Annunzio e dell’ex sindaco di Teramo e storico, Carino Gambacorta. La Banca di Teramo è l’istituto che ha curato e si è fatto carico del pagamento e della realizzazione della fusione in bronzo dei busti. La collocazione di questi tre busti è stato il primo passo per la creazione di un itinerario artistico, del quale la Banca di Teramo di credito cooperativo è il principale artefice. Il percorso, oggi arricchito di nuovi busti che ritraggono personaggi di spicco della vita culturale teramana e abruzzese, parte dal Monumento ai caduti di tutte le Guerre (opera realizzata da Venanzo Crocetti), si snoda lungo il Viale dei Tigli fino al cosiddetto “museo a cielo aperto” che la stessa Banca di Teramo ha istituito nei giardini adiacenti alla sede centrale di Viale Crucioli (dove sono esposte opere di Crocetti, Perez, Gaetaniello) e raggiunge il costruendo Ipogeo e la Pinacoteca Civica in Viale Bovio. 

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Palazzo Cerulli-Irelli

Corso San Giorgio - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
propr. privata
Descrizione:

Palazzo Cerulli-Irelli è stato costruito agli inizi del Novecento e si affaccia su Piazza Garibaldi. Durante i lavori della sua costruzione vennero alla luce alcuni resti della Rocca degli Acquaviva, risalente al 1400. Attualmente tali resti sono stati maggiormente riportati alla luce in seguito agli scavi di ampliamento del sottopasso della piazza, finalizzati alla creazione di un nuovo spazio espositivo, denomitao “Ipogeo”. 

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Palazzo Civico

Piazza Orsini - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-3241
Descrizione:

Il Palazzo Comunale è risalente al XIV secolo, come da citazione in un documento del 1380. L’interno dell’edificio si conserva nelle veste originale, mentre l’esterno è frutto di un restauro del 1828, curato da Carlo Forti, ad eccezione del portico (citato nel suddetto documento come “loggia nuova”) con archi ogivali che poggiano su pilastri quadrati realizzati da blocchi di travertino e mattoni. In un pilastro della loggia è in opera nel muro una lastra di epoca romana, nella quale sono rappresentati due ornamenta sacerdotali: un urceus con ansa decorata da volute e un lituus con spirale che si avvolge su tre giri. Il Palma, descrivendo questa lastra, riferisce di altri motivi decorativi (una testa di ariete, forse da intendere come bucranio, e un coltello per sacrifici), oggi non rintracciabili, che dovevano essere collocati a sinistra e a destra rispetto a quelli oggi osservabili: evidentemente la lastra deve essere stata ritagliata sui due lati e poi ricollocata nell’attuale posizione. Non è da escludere l’appartenenza della lastra a un piccolo edificio sacro evidentemente decorato con una serie di attributi sacerdotali. Nell’atrio del municipio, che si raggiunge attraversando il portico, si trovano delle iscrizioni su pietra di epoca romana, fatte murate qui da Theodor Mommsen. Negli Statuti Cittadini, risalenti al 1440, sono raccolte le funzioni che aveva la “loggia”: funzione politica la “loggia inferiore” e quella giudiziaria la “loggia superiore”. Nella grande “loggia”, un tempo, oltre ai parlamenti, si tenevano anche i mercati. Attualmente l’edificio è la sede dell’Amministrazione Comunale della città di Teramo, come è sempre stato sin dalla sua fondazione.

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Palazzo Dèlfico / Biblioteca provinciale “Dèlfico”

Via Dèlfico, 16 - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
0861-252744
Descrizione:

L’edificio che attualmente ospita la Biblioteca provinciale “Dèlfico” rappresenta un importante esempio di architettura civile della città. Il Palazzo è stato progettato, costruito e contestualmente ampliato tra i primi anni della seconda metà del XVIII e la prima metà del XIX secolo.

La costruzione dell’edificio è volontà dei fratelli Dèlfico (Giamberardino, Melchiorre e Gianfilippo), che lo vollero proprio di fronte al primo palazzo (casa Dèlfico), fatto costruire dalla famiglia nel Cinquecento quando essa aveva assunto un importante ruolo civile. Infatti la costruzione del nuovo edificio aveva lo scopo di enfatizzare la solidità familiare e affermare il ruolo di direzione politica, culturale e sociale dei Dèlfico.

L’impianto iniziale in stile barocco, completato nei primi anni dell’Ottocento, si articolava su due piani ed era caratterizzato dal collegamento dell’edificio con i soprastanti orti mediante passaggi aerei. Dopo il 1820 furono iniziati nuovi lavori che si conclusero fra il 1850 e il 1853 e interessarono i fronti lungo le attuali Via Dèlfico e Via Carducci, che erano articolati su tre piani. Tali ristrutturazioni trasformarono l’edificio secondo il gusto neoclassico e i modelli dell’Ottocento napoletano. Tale impianto rimase invariato fino alla cessione dell’edificio all’Amministrazione Comunale nel 1939 e, successivamente, alla Provincia.

La facciata su Via Dèlfico e il primo piano conservano la struttura e le linee del Settecento, invece alla metà del Novecento risalgono la sopraelevazione del secondo piano, l’ala che insiste su Via Comi e l’allineamento su Via Carducci.

All’edificio ci si accede mediante un portale in legno, impreziosito dagli stemmi gentilizi della famiglia Dèlfico e della famiglia De Filippis, fusesi nel 1820 con il matrimonio di Marina Dèlfico, unica figlia di Orazio, con Gregorio De Filippis, conte di Longano. Il palazzo al suo interno conserva un apparato architettonico e decorativo degno di nota: in particolare vanno menzionati l’atrio solenne e lo scalone scenografico, decorato da statue che si rifanno a un programma decorativo e figurativo volto a celebrare la fama e la forza della casata. Inoltre va specificato che all’interno del palazzo sono custodite opere d’arte di un certo pregio (gli “Olii” della famiglia Dèlfico, un quadro di Pasquale Celommi raffigurante Francesco Savini, le scene storiche e di paesaggio sulle sovrapporte, le pitture delle sale dei “Fondi antichi”, ecc…).

L’aver deciso (a partire dal 2004) che la Biblioteca Provinciale dovesse avere questa sede così prestigiosa ha rappresentato una scelta rispettosa dei voleri di Melchiorre Dèlfico, dando così una opportuna e adeguata sistemazione a una delle più antiche istituzioni bibliotecarie dell’Italia centro-meridionale.

La sede attuale della biblioteca è così strutturata:

  • Piano terra: comprende un punto informativo, l’emeroteca, la sala ragazzi; dal piano terra si accede al primo piano anche attraverso la cosiddetta “scala nobile”, uno scalone in stile neoclassico, completato nella prima metà dell’800;
  • Piano primo: Cataloghi, Distribuzione, Sale di lettura, Sala del fondo Muzii, Fondi antichi e manoscritti, Sala abruzzese;
  • Piano secondo: Mediateca, Archivio fotografico, Sala audiovisivi con 50 posti a sedere, aula multimediale, Uffici;

I depositi sono ubicati nell’edificio cosiddetto “ex Lancia” situati di fronte al lato sud di palazzo Delfico, sopra la grande Sala Polifunzionale. 

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Palazzo della Banca d'Italia

Via Carducci - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Edificio dei primi del Novecento, presso cui aveva sede la Banca d’Italia. Un tempo, vicino al palazzo, sorgeva una bella villa patrizia, poi abbattuta per far posto alla sede dell’allora Sip (oggi Telecom).

Nel mese di luglio del 2009 presso questo palazzo sono stati trasferiti gli uffici della Provincia di Teramo, prima dislocati nella sede di via Milli, resa inagibile dal terremoto del 6 aprile del 2009. Circa un ulteriore utilizzo dell’edificio, alcune associazioni naturalistiche locali auspicano che in questa sede venga aperto un museo di storia naturale, all’interno del quale realizzare uno spazio dedicato alla speleologia.

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Palazzo della Prefettura

Corso San Giorgio - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Costruito nel 1827 dall'ingegner Carlo Forti, modificato nel 1954 per far posto ad un terzo piano, il Palazzo del Governo ospita oggi il Prefetto di Teramo. In altre epoche ha ospitato per un breve periodo il gerarca cittadino, durante il fascismo, e da quel balcone si sono affacciati i partigiani dopo la liberazione della città. Una curiosità: la piazza che si apre di fronte al palazzotto, Largo San Matteo oggi sede del Provveditorato agli Studi, un tempo ospitava la chiesa di San Matteo, poi abbattuta, anche in vista di una visita, mai avvenuta, di Benito Mussolini. Poco più avanti, su Corso San Giorgio, apriva le sue Porte di legno il bellissimo Teatro Comunale, gemello del Marrucino di Chieti (costruito dallo stesso progettista, Nicola Mezucelli), poi distrutto nel 1956, quando la città decise di regalarsi un pizzico di modernità con l'apertura di quello che il Consiglio Comunale definì 'magazzini a prezzo popolare' La Standa. Così, al posto del teatro con palchi e loggione, nacquero il primo supermercato teramano e un cineteatro moderno. Alla fine di Corso San Giorgio verso piazza Garibaldi, svettavano un tempo due colonne di mattoni, sormontate da due grandi vasi di terracotta. Era il 'Due di Coppe', fortificazione apparente, porta di una muratura inesistente. Anche il 'Due di Coppe' cadde, negli Anni '60, per lasciare spazio alla Teramo moderna che nasceva.

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Palazzo della Provincia

Via G. Milli, 2 - 64100 Teramo (TE)
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0861-3311
Descrizione:

L’attuale sede dell’amministrazione provinciale di Teramo, in via Milli, è all’interno di un palazzo risalente agli ultimi anni del XIX secolo. Prima di trasferirsi in questo edificio, la Provincia non ha avuto sedi degne di rilievo storico. Nel maggio 1885, il Consiglio Provinciale, sull’area dove oggi sorge il Palazzo della Provincia, deliberò la costruzione di una Scuola Normale Femminile, con annesso Convitto. Il progetto dell’edificio venne affidato all’Ufficio Tecnico Provinciale, all’epoca diretto dall’Ing. Gaetano Crugnola. Circa la metà dell’intera superficie dell’area venne occupata dal fabbricato e da un cortile interno, mentre la superficie residua venne destinata ad uso di giardino e una parte riservata ad orto. Nel luglio del 1888 l’opera fu condotta a termine e, nell’ottobre successivo, la Scuola Normale Femminile fu inaugurata ed intitolata alla poetessa teramana Giannina Milli. Nel 1899, il Consiglio Provinciale deliberò la soppressione del Convitto annesso alla scuola e il trasferimento di quest’ultima in altra sede. Così, nel 1900, l’Ufficio Tecnico Provinciale, sempre diretto dall’Ing. Crugnola, elaborò un progetto di adattamento dell’edificio agli uffici provinciali e così, a partire del 1901, la Provincia di Teramo ha sempre occupato questa sede. L’edificio costruito, però, presentava notevoli problemi di sicurezza, sicché, nel 1930, furono effettuati alcuni lavori di ristrutturazione. Inoltre, nel 1939, in seguito all’aumento dei servizi provinciali e del numero del personale, venne deliberata la costruzione del secondo piano e affidata all’Ing. De Vico. Il progetto, però, venne sospeso durante il periodo bellico e condotto a termine alla fine degli anni Cinquanta. Fortunatamente, durante il periodo delle due guerre, l’edificio non subì danni ed ha conservato il primitivo carattere fino appunto al 1955, quando venne sopraelevato l’edificio di un piano. Il progetto fu redatto dall’Ufficio Tecnico, questa volta sotto la direzione dell’Ing. Giovanni Ricci, che cercò di non stravolgere le primitive caratteristiche architettoniche della costruzione (edificio pubblico eretto a cavallo dei secoli XIX e XX).

Il Palazzo della Provincia, nell’idea costruttiva di Crugnola, presenta geometrie rigorose, senza sfarzo, forme e volumi in austerità e rigore degli ordini architettonici. L’edificio ha la pianta a forma di “C” e il corpo principale si affaccia su via G. Milli. Poiché il corpo frontale è eccessivamente esteso,il costruttore ha pensato di spostare lievemente in avanti il corpo centrale: così la facciata risulta tripartita, avanzata al centro, e leggermente arretrata nei due corpi laterali che si sviluppano per una maggiore lunghezza rispetto al volume centrale, dando origine ad un ampio cortile aperto nella parte posteriore. In entrambi i lati dell’edificio vi sono due giardini recintati in cui svettano magnolie e cedri giganteschi. La caratteristica architettonica della facciata risiede nella parte centrale che presentata un intercolunnio semplice di doppi semipilastri dell’ordine toscano, nel cui centro si apre il grande portone d’ingresso. Al primo piano l’intercolunnio è ripetuto, questa volta sormontato da archi e collegato alla base da una balconata in pietra lavorata. A differenza della parte inferiore, i semipilastri terminano in sommità con capitelli dell’ordine corinzio. Nelle parti laterali dell’arco centrale, due bassorilievi figurati arricchiscono gli effetti decorativi del contesto architettonico. La trabeazione corinzia, esistente prima della sopraelevazione, è stata riprodotta alla sommità dell’edificio. Degli interni sono degni di nota l’ingresso e la larga gradinata, assai luminosa per le ampie vetrate che si aprono ad occidente verso il massiccio del Gran Sasso d’Italia. Le pavimentazioni sono in marmo. Al piano rialzato l’atrio è a due livelli leggermente sfalzati, in cui due ordini di colonne lisce rastremate sorreggono gli architravi del soffitto; il piedistallo a base attica appartiene all’ordine ionico, mentre i capitelli a quello corinzio. Ampi corridoi con alte volte a crociera disimpegnano gli uffici del piano rialzato. Il piano superiore è sede degli uffici di rappresentanza e delle sale del Consiglio e della Giunta. Anche qui spiccano colonne simili a quelle del piano inferiore e, tra l’intercolunnio, è stata collocata una balaustra lavorata in ferro e ottone, come protezione sul vuoto della gradinata.

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Palazzo delle Poste

Via Paladini - 64100 Teramo (TE)
Contatti:
Descrizione:

Il Palazzo delle poste (o del Telegrafo), costruito nel 1929, è opera dell’architetto Pilotti. Sorge lungo Via Paladini, dove un tempo c’era uno spiazzo presso cui sostavano gli autobus che facevano servizio di linea nei paesi della provincia di Teramo.

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Vescovado

Piazza Martiri della Libertà - 64100 Teramo (TE)
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Una prima menzione della sede vescovile appare in un editto del vescovo Pietro IV del 15 aprile del 1229, un’altra citazione del Palazzo si ha in un atto del 15 gennaio 1287, un’altra menzione del palazzo, relativa alla fabbrica trecentesca, potrebbe trovarsi nell’epigrafe conservata nel cortile dell’episcopio che fornisce la data del 1307 quale erezione dell’edificio trecentesco ad opera del vescovo Rainaldo Acquaviva (1300-1317). Tuttavia, nonostante questi e altri documenti, è difficile stabilire se il palazzo menzionato in questi atti storici sia effettivamente quello fatto edificare dal vescovo Guido II in occasione della costruzione della nuova cattedrale, la cui realizzazione venne decisa subito dopo la distruzione di Teramo del 1155-1156.

Nel 1465 il vescovo Campano descriveva il palazzo come una rocca fortificata, ossia come un castello merlato (a simboleggiare la supremazia del vescovo sulla città) e turrito (le torri erano dislocate ai quattro angoli, attualmente sono inglobate nel palazzo), a due piani, con loggiato a piano terra e loggette aperte all’interno e all’esterno poste al piano superiore. Così il palazzo è raffigurato nella pianta di Teramo del polittico di Jacobello del Fiore (conservato nella cappella laterale del Duomo di Teramo).

L’edificio odierno, isolato sui quattro lati, a pianta rettangolare con cortile centrale, è frutto della ristrutturazione valuta nella seconda metà del Cinquecento dal vescovo Giacomo Silverio Piccolomini che lo amplia «dal pian terreno al tetto»verso Piazza Martiri della Libertà.

L’Episcopio e il Duomo erano fabbricati separati, divisi da una via che il vescovo e il clero erano costretti a percorrere per entrare e uscire dalla Cattedrale; per tale motivo, già nel Seicento, vari vescovi avevano caldeggiato al Comune la proposta di concedere la costruzione di un arco che collegasse i due edifici. Bisognerà aspettare il 1738, quando Monsignor Alessio Tommaso De’ Rossi ottenne dal Comune il permesso desiderato. Com’è noto, l’arco fu abbattuto nel 1969, nel quadro della ristrutturazione del centro storico e delle iniziative d’isolamento della Cattedrale.

L’ultimo restauro radicale dell’episcopio è stato fatto per volere di Mons. Antonio Nuzzi (1989-2002) al fine di trasformare il palazzo, da semplice abitazione del vescovo, in centro delle principali attività pastorali della Diocesi.

PORTICATO E LOGGIATO: Il porticato dell’Episcopio, prospettante su Piazza Orsini (l’antica piazza del mercato), conserva traccia dell’impianto medioevale con archi ad ogiva in pietra ornati da doppia cornice e sostenuti da pilastri anch’essi in pietra (rialzati su plinti in mattoni dopo il 1860 a causa dell’abbassamento del piano di calpestio dovuto al riassetto edilizio della zona). Non sappiamo se porticato e loggiato originariamente erano presenti anche sul lato orientale e quello d’ingresso.

VIA DEL VESCOVADO: un porticato sostenuto da colonne ottagone in laterizio doveva esistere sicuramente in Via del Vescovado, infatti all’interno degli attuali negozi se ne ravvisano le tracce. Tale porticato, insieme al superiore loggiato con colonnine tortili sorrette da leoni stilofori (rimesso in luce ad opera di Francesco Savini nel 1913), è stato obliterato in seguito alle modifiche cinquecentesche ed è anche nascosto dall’avancorpo con la nuova scala d’accesso al piano superiore, creato nel 1813 dal vescovo Nanni.

CORTILE INTERNO: nel cortile interno sono conservate quattro colonne ottagonali forse appartenute a un primitivo portico.

ARREDI: all’interno del Palazzo Vescovile si conservano alcuni arredi in gran parte provenienti dalla stessa Cattedrale, fra i quali la cosiddetta “Tomba dei canonici” edicola con quattro colonnine tortili sostenute da leoni stilofori e coronate da capitelli fogliati, nonché una base di cero pasquale di primo XV secolo. Al XV secolo va assegnata anche una Madonna con Bambino in pietra (alt. cm 100, largh. cm 45, prof. cm 28/29), cava posteriormente, pesantemente ridipinta, di rozza fattura locale: la Madonna è seduta su uno sgabello appena accennato e porge un pomo rosso a Gesù infante, vestito di una camiciola, che siede con innaturale posizione delle gambe sulle ginocchia della madre. Al primo Seicento e alla mano di un artista fiammingo va riferito il dipinto di S. Berardo (alt. cm 154, largh. cm 48,5), parte di un perduto polittico, e allo stesso periodo va ascritto anche il quadro con S. Attone con sullo sfondo la badia e la processione dei canonici del Capitolo Aprutino (cui il cenobio era stato aggregato nel 1477). Alla prima metà del XVII secolo si riferisce anche la grande tela con la Presentazione del Bambin Gesù a S. Francesco, vicina ai modi del pittore marchigiano Andrea Lilli.

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Villa Blandina

Viale Crucioli - 64100 Teramo (TE)
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propr. privata
Descrizione:

La villa, un pregiato esempio di liberty, fu fatta costruire nel 1913 da Tommaso Pirocchi, medico teramano noto per il suo impegno scientifico e sociale, che affidò il progetto all’ingegnere teramano Alfonso De Albentiis. Gli affreschi all’interno sono attribuibili alla mano di Vincenzo Sardella, un decoratore assai noto a Teramo e in Provincia.

L’ing. Alfonso De Albentiis (Teramo, 10 febbraio 1871-Teramo 28 gennaio 1942) è un ingegnere ricordato, soprattutto, per aver progettato le opere idrauliche di captazione delle sorgenti del Ruzzo e del relativo acquedotto. Eseguì anche progetti per ville, palazzi, ospedali, scuole, ospizi, chiese e torri campanarie, opifici industriali, strade, ponti, acquedotti, gallerie e progetti di centrali idroelettriche. Tra le opere legate all’eclettismo vanno menzionate i portici Savini a Teramo (oggi sede A.C.I.); il Credito Abruzzese (demolito e oggi Banca Nazionale del Lavoro); il palazzo Mariani. Altre opere di architettura dei primi Novecento sono l’Ospedale Sanatoriale “Alessandrini- Romualdi”, nel quartiere Villa Mosca, ora RSA per ex malati psichiatrici; il Banco di Roma; il Palazzo Rolli. Tra i progetti più significativi di ville private: Villa Palma e Villa Lanciaprima a Teramo, Villa Tattoni a Bellante, Villa Capuani a Torricella Sicura, il progetto di Villa d’Arcangelo a Isola del Gran Sasso (la costruzione non fu però realizzata).

Va comunque precisato che la divulgazione del gusto liberty interessa solo marginalmente l’Abruzzo: infatti questo movimento artistico appare in toni pacati e non sempre di immediata identificazione, oppure si riduce a puro apparato decorativo in edifici di impostazione eclettica, medioevale o rinascimentale.

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www.teramoculturale.it - Comune di Teramo